La Chiesa cambia Rota. In arrivo lo scisma


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di Giorgio Nadali

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La Rota Romana, l’organismo della Santa Sede che ha il potere di annullare il sacramento del matrimonio rende le maglie più larghe nei procedimenti.
Contrariamente a quanto aveva disposto il suo santo predecessore Giovanni Paolo II, che il 21 gennaio 2000 alla stessa Rota Romana aveva detto:
«Desidero soffermarmi a riflettere con voi sull’ipotesi di valenza giuridica della corrente mentalità divorzista ai fini di una eventuale dichiarazione di nullità di matrimonio, e sulla dottrina dell’indissolubilità assoluta del matrimonio rato e consumato, nonché sul limite della potestà del Sommo Pontefice nei confronti di tale matrimonio… Il Romano Pontefice, infatti, ha la “sacra potestas” di insegnare la verità del Vangelo, amministrare i sacramenti e governare pastoralmente la Chiesa in nome e con l’autorità di Cristo, ma tale potestà non include in sé alcun potere sulla Legge divina naturale o positiva. Né la Scrittura né la Tradizione conoscono una facoltà del Romano Pontefice per lo scioglimento del matrimonio rato e consumato; anzi, la prassi costante della Chiesa dimostra la consapevolezza sicura della Tradizione che una tale potestà non esiste. Le forti espressioni dei Romani Pontefici sono soltanto l’eco fedele e l’interpretazione autentica della convinzione permanente della Chiesa».
Papa Francesco ha ribaltato le regole per la nullità matrimoniale con la lettera apostolica in forma di motu proprio intitolato Mitis Iudex Dominus Iesus (Il mite giudice Signore Gesù) del 15 agosto scorso, mettendo l’interesse dei coniugi davanti alla sacralità del vincolo sacramentale.
A tale proposito il cardinale Gerhard Müller prefetto della Congregazione per la Fede, in un suo discorso a Ratisbona ha paventato il rischio di una scissione nella Chiesa.
Principalmente la causa potrà essere seguita direttamente dal vescovo del luogo: “Affinché sia finalmente tradotto in pratica l’insegnamento del Concilio Vaticano II in un ambito di grande importanza, si è stabilito di rendere evidente che il Vescovo stesso nella sua Chiesa, di cui è costituito pastore e capo, è per ciò stesso giudice tra i fedeli a lui affidata.. Allo stesso Vescovo diocesano compete giudicare la cause di nullità del matrimonio con il processo più breve ogniqualvolta la domanda sia proposta da entrambi i coniugi o da uno di essi, col consenso dell’altro o ricorrano circostanze di fatti e di persone, sostenute da testimonianze o documenti, che non richiedano una inchiesta o una istruzione più accurata, e rendano manifesta la nullità…Tra le circostanze che possono consentire la trattazione della causa di nullità del matrimonio per mezzo del processo più breve secondo i canoni 1683-1687, si annoverano per esempio: quella mancanza di fede che può generare la simulazione del consenso o l’errore che determina la volontà, la brevità della convivenza coniugale, l’aborto procurato per impedire la procreazione, l’ostinata permanenza in una relazione extraconiugale al tempo delle nozze o in un tempo immediatamente successivo, l’occultamento doloso della sterilità o di una grave malattia contagiosa o di figli nati da una precedente relazione o di una carcerazione, la causa del matrimonio del tutto estranea alla vita coniugale o consistente nella gravidanza imprevista della donna, la violenza fisica inferta per estorcere il consenso, la mancanza di uso di ragione comprovata da documenti medici, ecc”.
Lo scorso 23 gennaio si è rivolto ai membri della Rota Romana affermando che “il giudice, nel ponderare la validità del consenso espresso, deve tener conto del contesto di valori e di fede – o della loro carenza o assenza – in cui l’intenzione matrimoniale si è formata. Infatti, la non conoscenza dei contenuti della fede potrebbe portare a quello che il Codice chiama errore determinante la volontà. Questa eventualità non va più ritenuta eccezionale come in passato, data appunto la frequente prevalenza del pensiero mondano sul magistero della Chiesa. Tale errore non minaccia solo la stabilità del matrimonio, la sua esclusività e fecondità, ma anche l’ordinazione del matrimonio al bene dell’altro, l’amore coniugale come «principio vitale» del consenso, la reciproca donazione per costituire il consorzio di tutta la vita… Vorrei dunque esortarvi ad un accresciuto e appassionato impegno nel vostro ministero, posto a tutela dell’unità della giurisprudenza nella Chiesa. Quanto lavoro pastorale per il bene di tante coppie, e di tanti figli, spesso vittime di queste vicende! Anche qui, c’è bisogno di una conversione pastorale delle strutture ecclesiastiche per offrire giustizia a quanti si rivolgono alla Chiesa per fare luce sulla propria situazione coniugale”.
19 è il numero dei Tribunali ecclesiastici regionali presenti in Italia, competenti per le cause di nullità matrimoniale. I fondi dell’8xmille consentono un netto abbattimento del costo della causa a carico dei fedeli e il patrocinio interamente gratuito per i nono abbienti. Oggi il costo che un fedele deve sostenere per una causa di nullità riguarda due voci: il contributo richiesto dal Tribunale Ecclesiastico per le spese processuali e l’onorario per il patrono, cioè l’esperto che lo assiste nell’introdurre la causa e nel corso del processo canonico. Il Tribunale Ecclesiastico richiede per le spese processuali un contributo di euro 525 alla parte che richiede l’annullamento. Qualora la parte convenuta nomini un patrono di fiducia o usufruisca dell’assistenza di un patrono stabile, le si chiede un contributo di euro 262,50; non è tenuta invece ad alcuna contribuzione ove partecipi all’istruttoria senza patrocinio, anche in caso di acquisizione, su sua richiesta, di prove ammesse dal giudice. L’onorario per gli avvocati, salva la possibilità per ragioni economiche del gratuito patrocinio, è compreso tra un minimo di euro 1.575 e un massimo di euro 2.992 qualora l’appello termini con un decreto di conferma; per il rinvio ad esame ordinario, l’onorario del patrocinio è compreso tra un minimo di euro 604 e un massimo di euro 1.207. A tale somma si devono aggiungere gli oneri fiscali previsti dalla legge.

Giorgio Nadali

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Papa Francesco. Torna di moda l’umiltà


di Giorgio Nadali

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Umiltà. Una parola che ci mette un po’ a disagio. Vogliamo essere umili? E soprattutto possiamo essere umili in un mondo competitivo e arrogante? Cosa significa umiltà? E’ la virtù che si oppone alla superbia. La persona umile non ha una bassa autostima. Ha piuttosto una percezione di sé equilibrata. In sostanza, non si sente né un verme inutile, ma neanche un Padre Eterno. A proposito, quello vero ha dimostrato col Cristianesimo di essere estremamente umile, pur essendo per definizione il massimo della potenza. Dio). L’umile quindi non è un dimesso e tantomeno un depresso. Non va in giro a testa bassa. Ma.. una persona umile può avere successo? Dipende da cosa intendiamo per successo.

Nel Cristianesimo l’umiltà è una virtù. Cioè una disposizione permanente al bene. Un atteggiamento che si oppone al vizio, il suo opposto. Nel nostro caso, la superbia. Anche nel Buddhismo l’umiltà è necessaria per giungere all’illuminazione e interrompere il ciclo negativo delle reincarnazioni. Una religione né fa una condizione essenziale per essere accettato e essere parte della comunità. Sono gli Amish. Nel Cristianesimo Dio sceglie l’umiltà per dimostrare la sua vicinanza e il suo amore per l’umanità. Attraverso l’umiltà di una ragazzina ebrea di quattordici anni – nella Nazareth di quasi duemila anni fa – si incarna e nasce a Betlemme in una condizione di disagio e povertà. Maria di Nazareth loda Dio dicendo: “ha guardato l’umiltà della sua serva… ha innalzato gli umili e ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore” (Luca 1,51). Dunque Dio fa cose grande attraverso gli umili. Dobbiamo però chiarire che gli umili non sono i poveracci e che un poveraccio può benissimo non essere umile. L’umiltà è soprattutto una disposizione interiore, un tratto della personalità. La povertà del Vangelo non è quella materiale. Per viverlo non è necessario fare il voto di povertà. E’ però necessario mettere la propria fiducia in Dio e non nelle cose materiali. Usarle, possederle sì, ma senza avidità rendendole di fatto degli idoli. Lo stesso vale per il denaro. Dunque l’umile ritiene di ricevere da Dio la forza per realizzare i propri sogni, per essere innalzato. Gesù Cristo afferma “prendete esempio da me che sono mite e umile di cuore”. Anche qui è bene chiarire che mite non significa debole. Mitezza significa potenza sotto controllo. Il mite ha il controllo di se stesso. E’ il debole che perde le staffe facilmente. Mitezza e umiltà sono grande amiche. Improbabile riuscire ad essere umili senza essere miti, e viceversa. Arroganza e violenza sono purtroppo alleate. Non necessariamente violenza fisica. La violenza è anche morale e psicologica. Forse le più diffuse. La violenza psicologica più diffusa è la menzogna, la bugia. La violenza morale più diffusa è l’insulto, l’offesa. Quindi l’umiltà aiuta molto ad essere sinceri e a rispettare, a considerare anche l’altro e il suo valore. L’umiltà però non è un comportamento derivante dalla presa di coscienza dei propri insuccessi.  Il verbo cauchaomai in greco sta a significare la fiera dignità dell’umile.

Giorgio Nadali

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TotoPapa. Il papabile al Soglio di Pietro


di Giorgio Nadali

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 Vuoi conoscere i retreoscena delle dimissioni di Benedetto XVI? Guarda la mia diretta  su VERO TV, Canale 55 nazionale, di venerdì 15 febbraio 2013 alle 14,25…

http://www.youtube.com/watch?v=FZyFQf5LBMs

e il mio articolo sul settimanale Stop N. 8 del 28 febbraio 2013:

http://www.giorgionadali.it/stop280213a.jpg

http://www.giorgionadali.it/stop280213b.jpg

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Le regole volute da Papa Giovanni Paolo II specificano che il conclave debba iniziare non meno di 15 giorni e non più di 20 giorni dopo la morte del Papa… o pochi giorni dipo le sue dimissioni! Ma questo Giovanni Paolo II non l’avrebbe mai previsto… Volete candidarvi a Papa per una Chiesa pulita opponendovi alle forti lotte di potere interne alla Curia Romana? Forse vi stancherete anche voi, shhh shhh, comunque…

tv487stop3     Il papa guida un miliardo di fedeli.  Nessun altro uomo al mondo ha un potere e un’influenza così  grande. Almeno sul piano spirituale, ma certamente anche sul piano politico e sociale. Adriano I nel 772 d.C. fu eletto a 80 anni di età. Il più anziano.  Benedetto  IX nel 1032 d.C. fu il più giovane pontefice, eletto a soli dodici  anni di età. Secondo altre fonti dai diciotto ai venti.  A quel tempo era facile diventare papa. Bastava essere nobile. Bebedetto IX era figlio del Conte di Tuscolo,  Alberico III,  era nipote di Benedetto VII, anch’egli della nobile famiglia dei Tuscolo, e di papa Giovanni XIX, della stessa casata.  La madre era una delle sorelle di Giovanni XV e  Giovanni XII era zio di suo padre.  Giovanni XI e Giovanni XIII erano rispettivamente zio e cugino del suo prozio Giovanni XII.  Papa Sergio III,  padre di Papa  Giovanni XI, anche lui un Tuscolo, era suo pro-prozio. Insomma, un Tuscolo nepotismo.  Lo Spirito Santo poteva fare ben poco per ispirare la scelta del successore dell’apostolo Pietro.  265 è il numero dei pontefici ad oggi, di cui 81 fatti santi  e

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Oggi in teoria oggi un fedele per essere eletto come successore di San Pietro ad validitatem deve:
- essere un battezzato (ex aqua et Spiritu Sancto)
- di sesso maschile e non sposato (se viene scelto tra coloro che hanno l'ordine episcopale è sicuramente battezzato di sesso maschile non sposato. Come pure se non ha l'ordine episcopale, dovendo immediatamente essere ordinato Vescovo deve per la validità dell'ordinazione essere un battezzato di sesso maschile non sposato).

Quindi o un Vescovo cattolico (quindi anche i Cardinali sono inclusi se già possiedono l'Episcopato), o un Presbitero cattolico, o un Diacono cattolico oppure anche un laico cattolico purché battezzato e di sesso maschile.

Se l'eletto è scelto tra coloro che non hanno l'Episcopato, e che quindi, una volta eletto dovrà essere ordinato Vescovo bisogna aggiungere le indicazioni che vengono date per la nomina di un nuovo Vescovo ma che avrebbero solo un valore orientativo:

–           Saldezza di fede, buoni costumi, pietà, zelo delle anime, saggezza, prudenza, virtù umane e ogni altra qualità che dimostri l'attitudine del Soggetto all'adempimento del suo ufficio.
- Buona reputazione
- L'età di almeno 35 anni
- Almeno 5 anni di presbiterato
- Laurea o almeno licenza in sacra Scrittura, Teologia o Diritto Canonico, conseguite in un Istituto di Studi Superiori approvato dalla Sede Apostolica.
(quest'ultime disposizioni non sono vincolanti per l'elezione canonica).

Semplice no?  In realtà i cosiddetti papabili – così vengono chiamati dai vaticanisti i cardinali che hanno buone possibilità di essere eletti  papa – sono pochi.  In tempi recenti sono stati eletti anche cardinali non considerati papabili, come Giuseppe Sarto (Pio IX), Achille Ratti (Pio XI), Angelo Roncalli (Giovanni XXIII), Albino Luciani (Giovanni Paolo I) e Karol Wojtyla (Giovanni Paolo II). Nnei sacri palazzi circola già una lista di papabili con ottime possibilità. Tutte ben motivate.

  1 . Odilo Pedro Scherer (60), Brasile, Arcivescovo di San Paolo

  2. Ennio Antonelli (73), Italia,  Presidente del Concilio per la Famiglia (Curia Romana)

  3. Marc Ouellet (65), Canada, Arcivescovo di Québec

  4. Wilfrid Fox Napier (68), Sud Africa, Arcivescovo di Durban

  5. Angelo Scola (71), Italia, Arcivescovo di Milano

  6. Philippe Xavier Barbarin (59), Francia, Arcivescovo di Lione

  7. Óscar Rodríguez Maradiaga (67), Honduras, Arcivescovo di Tegucigalpa

  8. Christoph Schönborn (64), Austria, Arcivescovo di Vienna

  9. Agostino Vallini (69), Italia, Vicario Generale di Roma

 10. José da Cruz Policarpo (73), Portogallo, Patriarca di Lisbona

11. Gianfranco Ravasi (70), Italia,  Presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura 

Ma gli interessati sanno che “chi entra in conclave papa, ne esce cardinale”.

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Precisa il Codice di diritto canonico:

 « I Vescovi, che per divina istituzione sono successori degli Apostoli, mediante lo Spirito Santo che è stato loro donato, sono costituiti Pastori della Chiesa, perché siano anch’essi maestri di dottrina, sacerdoti del sacro culto e ministri del governo »  (Can. 375)

Secondo questo testo, e secondo le linee comuni della teologia, il ministero o servizio del vescovo si sviluppa lungo tre direttrici, partendo dalle tre caratteristiche di Cristo (regalità, profezia, sacerdozio):

Dimensione regale (governare, cioè servire): il vescovo è il responsabile dell’attività pastorale della comunità diocesana, il primo dei servitori del popolo di Dio e quindi del regno di Dio.

Dimensione profetica (insegnare): il vescovo è il maestro nella fede del popolo di Dio a lui affidato, ha la funzione di insegnare con autorità la dottrina rivelata da Dio.

Dimensione sacerdotale (santificare): presiedendo la celebrazione dei sacramenti, è strumento di Dio per la santificazione del suo popolo.

Oltre alle insegne episcopali ricevute durante la consacrazione (anello, mitria e pastorale) e ai paramenti propri del presbitero, durante i vari riti liturgici il vescovo indossa la croce pettorale, solitamente in metallo e affrancata ad una catena o cordiglio di colore verde/oro e lo zucchetto di colore paonazzo. Nei pontificali il vescovo presidente indossa sotto la casula o pianeta anche la dalmatica. Se il vescovo è insignito del titolo di arcivescovo metropolita (cioè è a capo di una metropolita, una circoscrizione ecclesiastica comprendente più diocesi)indossa, sopra la casula, il pallio, che esprime il legame con il pontefice romano.

In occasione di visite pastorali o se assiste (ovvero non prende parte diretta alla celebrazione) a riti religiosi, il vescovo indossa l’abito corale, mentre ordinariamente indossa l’abito piano.

Anche tra i vescovi stessi esiste una gerarchia: il grado più alto è quello di patriarca, a cui segue, nelle chiese cattoliche orientali, quello di arcivescovo maggiore; quindi gli arcivescovi metropoliti, che sono i vescovi a capo delle arcidiocesi metropolitane, sedi principali di una provincia ecclesiastica composta, oltre alla sede metropolitana, da una o più diocesi suffraganee. L’arcivescovo metropolita, oltre agli abiti episcopali comuni a tutti i vescovi, indossa il pallio che gli è proprio. Il pallio e il pastorale possono essere portati solo nel proprio ambito di giurisdizione. C’è inoltre da precisare che alcune sedi suffraganee sono comunque “arcidiocesi”, non metropolitane. Il vescovo di tale sede suffraganea è dunque arcivescovo, senza essere metropolita e senza indossare il pallio.

Vuoi saperne di più?

Giorgio Nadali, “La Croce e l’Anello. Misteri e segreti delle carriere ecclesiastiche”, Edizioni Segno, Udine, 2010,  ISBN 978-88-6138-239-8

 http://www.webster.it/libri-croce_anello_nadali_giorgio_segno-9788861382398.htm

http://www.amazon.it/La-croce-lanello-Giorgio-Nadali/dp/8861382398/ref=sr_1_2?ie=UTF8&qid=1360797211&sr=8-2

http://www.libreriadelsanto.it/libri/9788861382398/la-croce-e-lanello.html

http://catalog.ptsem.edu/cgi-bin/Pwebrecon.cgi?DB=local&BOOL1=all+of+these&FLD1=Keyword+Anywhere+(GKEY)&CNT=25+records+per+page&SAB1=ocn646006667

 Giorgio Nadali

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La Famiglia Benedetta


di Giorgio Nadali

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Santità, la famiglia come sta? La sua è una “famiglia” molto particolare composta da ecclesiastici e laici accreditati dalla Santa Sede per diversi incarichi. I laici sono: gli assistenti al Soglio, il delegato speciale della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano, l’architetto dei palazzi apostolici, gli addetti di anticamera e l’aiutante di camera, i gentiluomini di Sua Santità, i consultori della Città del Vaticano, i familiari del Papa, il comandante della Guardia Svizzera, i procuratori dei palazzi apostolici che sotto il Pontificato di Innocenzo II avevano il compito di difesa delle cause coram Sanctissimo e la difesa gratuita dei poveri. Infine il presidente della Pontificia Accademia delle Scienze. Il Motu Proprio Pontificalis Domus del 28 marzo 1968 di papa Paolo VI denomina Gentiluomini di Sua Santità: a) i Camerieri Segreti di Spada e Cappa Partecipanti,  b) i Camerieri Segreti di Spada e Cappa,  c) i Camerieri d’Onore di Spada e Cappa. I “bussolanti”  sono gli addetti di anticamera del Papa. Prestano servizio d’anticamera in occasione di ricevimenti ufficiali. Papa Clemente VIII (1592) li chiamava Cavalieri della Bussola. Con il Motu Proprio Iusti Iudicis del 28 giugno 1988, le funzioni spettanti ai Procuratori dei Sacri Palazzi Apostolici sono state trasferite agli Avvocati della Santa Sede, fermi restando i diritti e i privilegi dei Procuratori attualmente in carica. Attualmente i Principi Assistenti al Soglio prestano servizio in occasione delle visite ufficiali dei Capi di Stato. Agli appartamenti hanno accesso Loredana, Carmela, Cristina e Rossella, suore laiche di Comunione e Liberazione. Il fratello don Georg, i segretari Alfred e Georg (detto “il bello”). Sino a poco tempo fa anche un maggiordomo raccomandato, ma un po’ troppo curioso. Paolo Gabriele. Comunque fortunatamente stanno tutti molto bene…

La famiglia – quella “normale” – invece non sta troppo bene. Tre milioni i separati. 74% di divorzi in più neghli ultimi dieci anni.  Boom dei single. Ma quelli alla Chiesa Cattolica non interessano molto. Vocazioni consacrate a parte, si intende.   Ad ogni modo: nel 2010 +10% rispetto al 2007. Dal 2001 al 2007 i single nel nostro Paese sono aumentati da 5.592.381 a 6.910.716 (Istat). A suo tempo l’Eurispes stimò che, in proiezione, se il trend registrato negli ultimi 7 anni si fosse  mantenuto costante, il numero dei single sarebbe aumentato nel 2010 di circa il 10,4% rispetto al 2007. Aveva ragione.

 L’inventore degli incontri mondiali delle famiglie scrisse per il teatro  “La bottega dell’orefice”. Una bottega che faceva affari con le vere nuziali.  L’opera fu pubblicata in anteprima nel 1960 sul numero 78 del mensile cattolico di Cracovia, Znak. L’autore usò lo pseudoniomo Andrzej Jawień. In seguito ne usò un altro: Giovanni Paolo II…  “Certe volte la vita umana sembra essere troppo corta per l’amore, e l’amore umano (…) troppo corto per una lunga vita. O forse troppo superficiale. In ogni modo l’uomo ha a disposizione un’esistenza e un amore” per “farne un insieme che abbia senso (…). L’eternità dell’uomo passa attraverso l’amore (…). L’ uomo si tuffa nel tempo” ma poi finisce col “dimenticare” la sua origine per “esistere solo un attimo e recidersi dall’eternità”.

È arrivato a Bresso poco dopo le 20.30 Papa Benedetto XVI per partecipare alla parte serale della Festa delle Testimonianze dal titolo “One world, family, love”. Ad accoglierlo oltre 350mila persone che sin dalle prime ore del pomeriggio hanno invaso l’area di Milano Campo Nord Aeroporto di Bresso dove domani in Santo Padre celebrerà la Santa Messa.

Seduto in mezzo ad alcune famiglie italiane e del mondo, il Santo Padre è stato accolto dal Cardinale Ennio Antonelli, Presidente del Pontificio Consiglio della Famiglia che insieme alla Diocesi di Milano ha promosso il VII Incontro Mondiale delle Famiglia che lo ha ringraziato per “essere venuto a far festa, con tante famiglie riunite qui a Milano e con le famiglie di tutto il mondo. La sua presenza – ha detto – ci dà fiducia e coraggio perché testimonia quanto la famiglia stia a cuore alla Chiesa, anzi quanto stia a cuore a Dio stesso”. durante la serata ha risposto ad alcune domande legate al tema del VII Incontro Mondiale delle Famiglie “Famiglia: il lavoro e la festa”.

 Il Santo Padre ha partecipato alla festa rispondendo ad alcune domande legate al tema del VII Incontro Mondiale: “La famiglia: il lavoro e la festa”.

Ovviamente tutte le domande sono state preparate dall’organizzazione del VII Incontro Mondiale delle Famiglie, d’accordo col Pontificio Consiglio per la Famiglia. Il Papa ha quindi risposto alle sue stesse domande. 

 La prima a rivolgersi al Pontefice è stata Cat Tien, una bambina vietnamita di 7 anni, che ha manifestato il desiderio di sapere qualcosa della famiglia del Papa e di quando Joseph Ratzinger aveva la sua età.

“Punto essenziale per la mia famiglia è sempre stata la domenica che iniziava già il sabato pomeriggio quando mio padre ci leggeva le letture della domenica in un libro dove erano spiegati i testi – ha detto il Santo Padre.  Il giorno successivo andavamo a Messa e poi pranzavamo insieme. Con la mia famiglia ho cantato molto, mio fratello era musicista. Poi ricordo i viaggi, le camminate. Eravamo un’anima sola e ci nutrivamo di una gioia fatta di cose semplici e di un amore reciproco che era forte. Se provo a immaginare il Paradiso lo penso come al tempo della mia giovinezza, eravamo felici. Il Paradiso dovrebbe essere simile a com’era nella mia gioventù e spero di andare a casa andando dall’altra parte del mondo”.

Serge e Fara dal Madagascar, fidanzati da quattro anni e prossimi a Matrimonio, hanno chiesto al Santo Padre il significato della parola “per sempre” “Una parola – hanno detto- che più di ogni altra ci attrae e allo stesso tempo spaventa”.

“In Europa fino all’800 c’era un altro modello di Matrimonio dominante: il matrimonio era un contratto tra clan attraverso il quale si cercava di difendere il proprio status – ha detto il Pontefice -. Oggi il Matrimonio non è più basato sulla volontà di altri, ma è una libera scelta preceduta dall’innamoramento e dal fidanzamento. Spesso si pensa che l’amore di per sé possa garantire il per sempre, che è assoluto, ma non è così. L’innamoramento è bello, ma non sempre è perfetto. Così com’è il sentimento non è per sempre. Il passaggio dal fidanzamento al Matrimonio prevede una serie di esperienze interiori e il desiderio dell’amore deve rientrare anche la ragione e la volontà. Nel rito del matrimonio  – ha continuato Benedetto XVI – non si dice sei innamorato ma vuoi, sei deciso, coinvolgendo nel cammino la volontà e la ragione. Tutto l’uomo è coinvolto con la sua capacità, il discernimento della ragione e la volontà di dire sì, questa è la mia vita. Alle nozze di Cana il secondo vino è migliore del primo: l’amore deve crescere e maturare coinvolgendo la parrocchia, la Chiesa, gli amici, la giusta comunione di vita con gli altri, con famiglie che condividono la  stessa esperienza, la stessa vita e la fede”.

La famiglia Paleologos dalla Grecia ha chiesto al Papa di affrontare il tema della crisi. “Ci sono giorni – e notti – hanno detto al Santo Padre – nei quali viene da chiedersi come fare a non perdere la speranza. Cosa può dire la Chiesa a tutta questa gente, a queste persone e famiglie senza più prospettiva?”

“Le parole sono insufficienti, dovremmo fare qualcosa di concreto e tutti sappiamo di essere incapaci di fare qualcosa di concreto – ha detto Benedetto XVI -. Nella politica deve crescere il senso di responsabilità di tutti i partiti che promettono cose che non possono realizzare affinché non cerchino solo voti per sé ma siano responsabili per il bene di tutti. Che capiscano che politica è responsabilità umana davanti agli uomini e a Dio”.

“Molti soffrono e devono accettare la realtà senza possibilità di difendersi di fronte alle situazioni – ha continuato il Pontefice -. Ciascuno deve fare il possibile per sé, per le famiglie, per gli altri, sapendo che molti sacrifici sono indispensabili per andare avanti. Penso che la solidarietà nella città tra famiglie e nelle parrocchie possa aiutare. Abbiamo attivi scambi culturali utili e importanti, ma è tempo che una famiglia dell’Italia, della Germania, della Francia prenda la responsabilità di aiutare un’altra famiglia, che aiutino in senso concreto. Siate sicuri che io e tanti altri preghiamo per voi e questo pregare non è solo fare parole ma apre il cuore in Duo e alla creatività”.

È arrivata da vicino New York la famiglia Rerrie. Jay, di origine giamaicana, è un contabile, mentre Anna insegnante si sostegno, hanno sei figli e hanno chiesto al Papa come poter trovare la giusta armonia tra famiglia e lavoro. “Nel vortice di tanti stimoli imposti dalla società contemporanea – hanno chiesto al Papa – come aiutare le famiglie a vivere la festa secondo il cuore di Dio?”

“È una grande questione – ha detto il successore di Pietro – e penso di capire questo dilemma tra due priorità”. Il papa si è rivolto ai datori di lavoro invitandoli a “pensare alle famiglie e di aiutarle perché le due realtà, famiglia e lavoro possono essere conciliate e concedere un po’ di libertà fa bene anche all’impresa perché rafforza l’amore per il lavoro e il posto di lavoro”.

“Occorre poi – ha evidenziato il Pontefice – sperimentare una certa creatività e portare ogni giorno un qualche elemento di gioia e attenzione nella famiglia accettando le oscurità e pensando a questo grande bene che la famiglia è. E poi finalmente c’è la domenica che è il giorno della festa, giorno del Signore e come tale giorno dell’uomo: difendiamo la libertà dell’uomo difendendo la domenica”.

L’ultima domanda al Pontefice è stata posta da Maria Marta e Manoel Angelo Araujo, coppia del Brasile che ha posto il tema dei fallimenti matrimoniali che continuano ad aumentare in tutto il mondo e hanno chiesto al Santo Padre “parole di speranza” per quelle “coppie di risposati vorrebbero riavvicinarsi alla Chiesa, ma quando si vedono rifiutare i sacramenti la loro delusione è grande”.

“Il problema dei divorzi e dei risposati è una delle grandi sofferenze della Chiesa di oggi – ha risposto Benedetto XVI -. Non abbiamo ricette, la sofferenza è grande e possiamo solo aiutare le parrocchie e i singoli promuovendo la prevenzione, approfondendo l’innamoramento, aiutando le coppie e accompagnarle durante il matrimonio affinché le famiglie non siano mai sole ma siano accompagnate nel cammino di ogni giorno. Devono sentire l’amore della Chiesa, devono sentirsi amate e accettate anche se non possono ricevere l’eucarestia. Devono vedere che anche così vivono nella Chiesa, anche se non c’è la confessione l’amicizia con una sacerdote è importante. Possono sentire l’eucarestia e essere spiritualmente nutriti in Cristo”.

Tra una domanda e l’altra Benedetto XVI ha assistito all’esibizione di artisti quali la cantante gospel Lois Kirby, l’italo-somala Saba Anglana, Francesco Garolfi e Ron. Alcune famiglie hanno raccontato la loro storia e pregato insieme al Pontefice.

Sul palco anche alcuni attori famosi del panorama italiano: Serena Autieri, paolo Bonacelli, Myriam Catania, Pamela Villoresi, Giuseppe Cederna.

Il canto del Padre nostro è stato introdotto dalla famiglia Govoni di Cento, vicino a Ferrara, uno dei paesi colpito dai terremoti dei giorni scorsi. Mariacristina e Giuliano hanno salutato il Papa dopo che il Santo Padre si è rivolto a chi era in collegamento da San Felica sul Tanaro: “Cari amici voi sapete che noi sentiamo profondamente il vostro dolore, la vostra sofferenza e vogliamo lavorare per aiutarvi, non vi abbandoniamo”, ha detto il Pontefice ricordando l’attività della Caritas, della Chiesa, dello Stato e delle Comunità attive. “Ognuno di voi – ha concluso – vuole aiutarvi nella preghiera e materialmente”.

Al termine del Padre Nostro Benedetto XVI ha impartito la benedizione solenne per poi tornare in Arcivescovado per la notte.

La serata è continuata fino alle 22.30 con l’esibizione di Dulce Pontes, della cantante israeliana Noa sul palco con Gil Dor, Clelia Sguera e Nico Arcieri, i Sonohra con Hevia, il gruppo zigano Alexian Group.

Il palco della serata, che sarà l’altare della Messa di domani,  lungo 100 metri, alto 25 e profondo 30 è sormontato da una mezza cupola trasparente che rende omaggio alle vetrate del Duomo.

Sul palco trovano posto:

• il S. Padre e i Cardinali concelebranti principali

• i Cardinali

• i Vescovi

• il Seguito Papale

• i concelebranti del Pontificio Consiglio Famiglia

• alcuni Officiali della Segreteria di Stato e dei Dicasteri Vaticani

• il Consiglio Episcopale Milanese ed alcuni presbiteri indicati dall’Arcidiocesi

• i 4 diaconi di servizio liturgico

• i 12 chierici ministranti

• i 5 Cerimonieri Pontifici e il Maestro delle Cerimonie del Duomo

• i 4 Ostiari del Duomo

• il Segretario del Duomo

• il coro e l’animatore dell’assemblea

Sul palco sono collocati i poli liturgici

• altare papale

• sede papale e dei concelebranti principali

• ambone

• credenza dell’altare papale

• sedie per cerimonieri, ministranti, Famiglia pontificia laica, etc.

• sedie per tutti i concelebranti

In una zona presso il palco trovano posto:

• i 2 lettori delle letture

• i 5 lettori delle intenzioni della preghiera universale

• gli 8 incaricati della processione offertoriale

• i 40 fedeli che ricevono la comunione dal S. Padre

• i 70 diaconi permanenti per le Comunioni dei concelebranti

• i 70 seminaristi di Venegono (accoliti e lettori) per Comunioni dei concelebranti

• i 30 ministranti della S. Galdino (servizio liturgico della Cattedrale)

In una zona presso o sotto il palco vari tavoli accolgono tutto ciò che deve “muoversi” al momento dell’offertorio:

• 8 offerte della processione offertoriale

• 300 pissidi per la Comunione dei fedeli

• 70 calici con vino e acqua per la Comunione dei concelebranti

• 70 patene con ostie grandi spezzate (prendono seminaristi Venegono) per la Comunione concelebranti

 

 Processione di ingresso

Viene fatta solo da:

• servizio liturgico

• ostiari Duomo

• 4 diaconi

• Vescovi delle Diocesi lombarde (solo i titolari)

• Vescovi Ausiliari di Milano

• Cardinali

• S. Padre

• Seguito Papale

Saluto al S. Padre

Prima del segno di croce iniziale, il Cardinale Arcivescovo di Milano rivolge un indirizzo di saluto al S. Padre.

Eucologia

Orazioni della solennità della SS. Trinità – Rito Romano

• Le tre orazioni presidenziali in lingua italiana

• Il Prefazio e la Preghiera eucaristica in lingua latina

• Gloria, Credo, Sanctus, Agnus Dei in lingua latina

Liturgia della Parola

Letture della solennità della SS. Trinità – Rito Romano

• 1° lettura proclamata in lingua inglese

• Salmo Responsoriale cantato in lingua italiana

• 2° lettura proclamata in lingua spagnola

• Vangelo cantato il lingua italiana

* Omelia

 «La vostra vocazione non è facile da vivere, specialmente oggi». Sono parole di grande realismo, quelle che Benedetto XVI affida alle famiglie in chiusura del VII incontro mondiale di Milano. Il Papa sa bene che la famiglia, sottoposta a repentini e violenti cambiamenti sociali in tutto il mondo, vive una profonda crisi ed è, sovente, oggetto di attacchi, nonché vittima di delegittimazione politica.

Ma, senza negare i problemi, Papa Ratzinger apre alla speranza, perché le famiglie – a cominciare da quelle che hanno partecipato all’Incontro mondiale – custodiscono «l’amore, l’unica forza che può veramente trasformare il mondo».

E così l’omelia della solenne celebrazione eucaristica – davanti a un’assemblea che, col colore delle bandiere e delle tante famiglie, restituisce la dimensione autenticamente cattolica – si trasforma in un vibrante appello a riscoprire la grande dignità della famiglia cristiana e la sua responsabilità dentro la Chiesa e la società. Una responsabilità che il cardinale Angelo Scola ha richiamato nel suo saluto introduttivo, affermando che «quando  i cristiani sanno essere testimoni risultano propositivi di vita buona in una società plurale come la nostra».

Benedetto XVI invita le famiglie ad «evangelizzare non solo con la parola, ma per “irradiazione”, con la forza dell’amore vissuto». Del resto, è  proprio nei gesti di ogni giorno la fede si gioca: nel modo con cui si vivono gli affetti, ci si impegna nel lavoro, si celebra la festa. E’ questo il messaggio forte del VII incontro mondiale della famiglie: la vita quotidiana  è il teatro della vocazione ordinaria della famiglia cristiana: «nella misura in cui vivrete l’amore reciproco e verso tutti – sottolinea il Papa – diventerete un Vangelo vivo, una vera Chiesa domestica».

Parole molto intense il Papa le ha dedicate alla coppia: in poche righe una vera e “propria teologia nuziale”. «Dio ha creato l’essere umano maschio e femmina, con pari dignità, ma anche con proprie e complementari caratteristiche. (…) Cari sposi, nel vivere il matrimonio voi non vi donate qualche cosa o qualche attività, ma la vita intera. E il vostro amore è fecondo innanzitutto per voi stessi, perché desiderate e realizzate il bene l’uno dell’altro». La fecondità della coppia, poi si allarga alla procreazione, «generosa e responsabile», dei figli, e alla società, perché il vissuto familiare è la prima e insostituibile scuola delle virtù sociali».

Per questo il Papa, in un contesto educativo spesso tentato di scorciatoie “manualistiche”, chiede agli sposi di farsi carico fino in fondo dei propri figli:  «In un mondo dominato dalla tecnica, trasmettete loro le ragioni del vivere, la forza della fede, prospettando loro mete alte e sostenendoli nelle fragilità».

A quanti, poi, «pur condividendo gli insegnamenti della Chiesa sulla famiglia, sono segnati da esperienze dolorose di fallimento e di separazione», alle persone e alle famiglie “dal cuore ferito” il Papa dedica un pensiero molto affettuoso, un balsamo per tanti: «Sappiate che il Papa e la Chiesa vi sostengono nella vostra fatica». Poi le incoraggia a rimanere unite alle loro comunità», alle quali, però, il Papa chiede di realizzare adeguate iniziative di accoglienza e vicinanza».

In chiusura di un Incontro mondiale dedicato a “Famiglia, lavoro e festa” il Papa riserva, infine, poche ma incisive parole a una delle emergenze sociali di oggi: l’equilibrio tra lavoro, festa e tempi della famiglia. Benedetto XVI, che nella “Caritas in Veritate” ha esaltato il valore-bussola della gratuità, denuncia «la mentalità utilitaristica» che «tende ad estendersi anche alle relazioni interpersonali e familiari, riducendole a convergenze precarie di interessi individuali». Ma – insiste – «il progetto di Dio e la stessa esperienza mostrano che non è la logica unilaterale dell’utile proprio e del massimo profitto quella che può concorrere ad uno sviluppo armonico e al bene della famiglia», perché, tra gli effetti collaterali, produce corsa ai consumi e disagio nelle famiglie. C’è bisogno, allora, di lavorare per «armonizzare i tempi del lavoro e le esigenze della famiglia, la professione e la maternità, il lavoro e la festa».

Per gli stessi motivi, una famiglia che voglia dirsi cristiana «pur nei ritmi serrati della nostra epoca», è chiamata a «non perdete il senso del giorno del Signore», ossia «l’oasi in cui fermarsi per dissetare la nostra sete di Dio».

Preghiera dei fedeli

Le cinque intenzioni, introdotte dal Diacono, sono proposte da alcuni fedeli nelle lingue: Tedesca, Inglese, Portoghese, Francese, Spagnola.

Processione offertoriale

8 fedeli presentano al S. Padre il pane d il vino per il sacrifico eucaristico.

Comunione

40 fedeli ricevono la Comunione dal S. Padre.

Concelebranti, diaconi, accoliti e ministri straordinari amministrano la Comunione (in questa occasione non sulla mano) all’assemblea.

Ringraziamento al S. Padre

Conclusa l’orazione dopo la Comunione, il Cardinale Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia rivolge un ringraziamento al S. Padre.

 Allocuzione, Angelus, benedizione

Il S. Padre rivolge l’allocuzione con l’annuncio della sede ospite del prossimo incontro mondiale (Philadelphia, Stati Uniti d’America, 2015) introduce la preghiera dell’Angelus, imparte la benedizione apostolica.

Poi si torna alla realtà di tutti i giorni.

Il Papa atterrerà all’ helicopterorum portum (l’eliporto vaticano) alle 18:45 proveniente dall’aeroporto di Roma Ciampino. La famiglia lo aspetta. I terremotati dell’Emilia anche (ai quali il Papa donerà 500.000 euro tratti dall’Obolo di S. Pietro).

Giorgio Nadali

www.giorgionadali.it

foto di apertura “papamobile” di Giorgio Nadali

La Chiesa in rosso


di Giorgio Nadali

www.giorgionadali.it

Quota 213 per il “club più esclusivo del mondo”. Uomini in rosso da 70 nazioni diverse, al servizio della carità nella verità. 22 nuovi cardinali nel nuovo concistoro della Chiesa Cattolica.

L’Apostolo della Genti riteneva che «Il vescovo infatti, come amministratore di Dio, dev’essere irreprensibile: non arrogante, non iracondo, non dedito al vino, non violento, non avido di guadagno disonesto,  ma ospitale, amante del bene, assennato, giusto, pio, padrone di sé, attaccato alla dottrina sicura, secondo l’insegnamento trasmesso, perché sia in grado di esortare con la sua sana dottrina e di confutare coloro che contraddicono». (Tito 1,7-9)

 «Mostra deferenza ai tuoi vescovi, rivolgiti sempre a loro per essere consigliato, e , se sarai in armonia con loro, la tua terra prospererà».  (San Remigio – 437 – 533). Eletto vescovo di Reims a 22 anni.

 «Guai anche a voi, dottori della legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!». (Lc 11,46)  Ecco, il buon vescovo non deve essere così. Il buon vescovo non confonde l’integralismo con la difesa della sana dottrina. Il buon vescovo deve essere un modello di dialogo.  Un grande vescovo poi diventato Paolo VI – Giovanni Battista Montini – nel 1956 mise in atto la Grande missione di Milano per raggiungere i lontani dalla fede. Dopotutto ha promesso il giorno dell’ordinazione episcopale rispondendo ad una delle domande: «vuoi, come buon pastore, andare in cerca delle pecore smarrite per riportarle all’ovile di Cristo? Eletto: Sì, lo voglio».

 Ecco, il buon vescovo é attento a chi è lontano dalla fede e non confonde la morale con il moralismo. La morale sostenuta dai valori aiuta ad orientare le scelte, mentre nel moralismo contano più le norme stesse che i valori che le sostengono. La morale si basa sulla parola di e la tradizione della Chiesa, non è mai dogmatica ed è sempre in evoluzione.

 Il buon vescovo è umile.

      Non fa moralismi. Il moralismo è nemico della fede. Difendere la fede e la morale non vuol dire ossessionare e allontanare i fedeli con una morale più rabbinica che paolina – come direbbe il cardinale Martini.

 Il buon vescovo dovrebbe anche chiedersi per quale motivo solo il 30% dei battezzati italiani (il 4% dei francesi) frequenta la messa domenicale e non dovrebbe liquidare semplicemente il problema dando la colpa al secolarismo o al materialismo. Non dovrebbe frettolosamente concludere che non c’è più fede e quindi occuparsi soltanto dei propri fedeli. Gesù andava da tutti e anche per questo faceva scandalo. Diceva: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati» (Lc 5,31). «I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli: «Perché mangiate e bevete con i pubblicani e i peccatori?». (Lc 5,30) Quanti vescovi mangiano e bevono con i pubblicani e con i peccatori allo scopo di riportarli all’ovile?

 A quella vista il fariseo che l’aveva invitato pensò tra sé. «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi e che specie di donna è colei che lo tocca: è una peccatrice» (Lc 7,39). Il buon vescovo dovrebbe andare lui da tutti ed essere attento a coloro che sono lontani dalla Chiesa a ragione o a torto – soprattutto a ragione – per comprenderne i motivi. Un padre fa così.

 Il buon vescovo è un uomo dello spirito. E’ attento al suo gregge, ma sa guardare oltre.

      Quanti vescovi uomini dello spirito abbiamo? Quanti manager? Quanti fondamentalisti e quanti sostenitori della fede, ma aperti al dialogo? Il buon vescovo non è un politico. Quanti politici abbiamo e quanti uomini dello spirito? Il buon vescovo dovrebbe anche chiedersi anche per quale motivo vengono mosse certe critiche alla Chiesa. Soltanto torti? Eminenza, attenzione! Il mondo laico non è distratto! Guarda cosa ti dice:

 «L’evento più rivoluzionario, a cui pochi prestano attenzione, è la fine della trasmissione della cultura religiosa tradizionale all’ interno delle pareti domestiche. La famiglia mononucleare (tranne eccezioni) non insegna più a pregare, non spiega il decalogo, non trasmette racconti, fatti e leggende religiose. Affida tutto alla scuola, ma a sua volta l’ora di religione si è trasformata in tuttologia [per colpa di alcuni docenti che tradiscono il loro mandato, N.d.A.], saltando spesso l’esegesi della Bibbia. E così, per la prima volta nella storia del Cristianesimo, si è spezzata la catena della memoria. Basta guardarsi intorno. I figli della generazione di mezzo sanno a malapena chi è Abramo, vacillano su Isacco, ignorano Giacobbe. Le parabole sono per loro un mistero. Quando essi stessi saranno genitori non avranno più niente da tramandare. Eventi e miti che per millenni hanno sorretto la fede, parlando attraverso gli affreschi e le sculture delle cattedrali, sono diventati linguaggio muto. In Francia il direttore di un museo ha organizzato serate di cultura religiosa, perché la gente non sapeva più “leggere” i quadri.

Da noi la perdita della memoria religiosa è altrettanto diffusa. All’alba del Duemila revival religioso e desacralizzazione non sono in contraddizione. Mentre individui, gruppi, movimenti riscoprono con entusiasmo l’ardore mistico, la società contemporanea si desacralizza inesorabilmente. Non esistono più tempi sacri, momenti sacri. I luoghi santi sono per la massima parte del tempo spazi turistici e riti come il matrimonio (che quasi l’ ottanta per cento degli italiani celebra ancora cattolicamente) difficilmente sono percepiti da familiari ed amici come un’ azione sacra, in cui “Dio è presente”. La quotidianità omogeneizza tutto e l’ influenza pervasiva dei mass media contribuisce potentemente a desacralizzare le Chiese in quanto istituzione. Per millenni mistero e inavvicinabilità hanno circondato il sacro e i suoi attori. Ora grazie ai mass media, è scomparso il confine tra scena e retroscena. Ci si è accorti che le persone dell’istituzione sono assolutamente normali con i loro difetti e la loro umanità. “Il re è nudo”, dichiara Pollo. Non a caso papa Wojtyla per combattere la desacralizzazione della Chiesa e del papato ha dovuto puntare sulla proiezione carismatica del proprio personaggio, facendosi sacralizzare dalle televisioni. In questo clima predomina fra i cattolici (e fra gli altri cristiani) una religiosità impostata sul “fai da te”, sul bricolage etico, sulla tendenza a formarsi ognuno per conto suo una propria immagine di Chiesa. Tutto ciò è poco “cattolico” per come lo ha insegnato nei secoli la Chiesa. L’alta partecipazione ai matrimoni religiosi o alle prime comunioni non significa molto. Gli uni e le altre sono sostanzialmente riti di passaggio, celebrati per tradizione etnico-culturale. I preti sanno per esperienza che in genere qualche anno dopo la prima comunione i giovani abbandonano la pratica religiosa. Franco Garelli, che insieme ad altri sociologi ha curato una voluminosa indagine per la conferenza episcopale, prova a delimitare l’ area di quanti possano dirsi veramente cattolici nell’ Italia di oggi. “I credenti militanti – spiega -, coloro che fanno parte di gruppi, associazioni, movimenti e danno grande rilevanza all’ esperienza comunitaria della fede, sono circa un 10 per cento. I praticanti assidui, che però non avvertono l’ esigenza di una vita religiosa collettiva e di una visibilità, sono un altro 15-20 per cento. Sommando entrambi i gruppi si arriva ad un 30 per cento di credenti regolari”. E’ la stessa cifra riferibile ai praticanti abituali della messa domenicale, che rappresenta il centro del culto cristiano. Fra i giovani la partecipazione è naturalmente al ribasso: solo il 20-22 per cento, dice Garelli, frequenta la chiesa la domenica. Un altro riferimento per individuare lo zoccolo duro dei cittadini cattolici convinti è quello dell’ 8 per mille, la firma che i contribuenti mettono sulla dichiarazione dei redditi per favorire la Chiesa. Nel 1993 su 27-29 milioni di contribuenti (dati Cei ricevuti dal ministero delle Finanze) quasi il 49 per cento ha messo la crocetta sul modulo Irpef a favore di una confessione religiosa.

Cioè, grossomodo 14 milioni. Di questi l’ 85,8 per cento ha “votato” a favore della Chiesa cattolica: poco meno di 12 milioni e mezzo. In conclusione se al 30 per cento di cattolici regolari si aggiunge l’ area indistinta dei praticanti saltuari (40 per cento) il cattolicesimo resta in superficie religione di maggioranza. Se si va al fondo delle cose, analizzando credenze dottrinali e comportamenti delle persone, non lo è più. Vescovi e parroci, guardando all’ affluenza nelle loro chiese, sperimentano già oggi che la maggioranza è altrove. Per la chiesa-istituzione la sfida è radicale. Perché anche tantissimi giovani, che abbracciano il cattolicesimo convinti, si sentono a maggior agio in una piccola comunità, basata su un’ esperienza emotiva e la leadership carismatica di una guida spirituale, piuttosto che nell’ organizzazione ecclesiastica tradizionale. “La vera novità – aggiunge Garelli – è che oggi l’ osservanza religiosa dei giovani si identifica molto meno con l’ appartenenza ad una Chiesa”. Si vuole con-vivere piuttosto che con-credere. Le appartenenze travalicano i confini. Preghiere a Taizé, riscoperta del Gregoriano, fascino della liturgia ortodossa, meditazione orientale si mescolano esprimendo una nostalgia di sacro, refrattario alle istituzioni. Forse ha ragione Baget Bozzo. In un intrecciarsi e contaminarsi di credenze siamo tornati indietro di duemila anni: nell’ era pre-cristiana, quando milioni sognavano una qualche salvezza».[1]

 Il buon vescovo sa farsi sa farsi un’autocritica  

      Prima di condannare gli altri  cerca di capire e di incontrare gli altri soprattutto proprio perché è un vescovo. Il buon vescovo sa che nei tempi moderni deve avere a che fare con i Mass media e che i giornali possono prendere anche soltanto una sua parola da lui pronunciata per essere usata in maniera strumentale. Vescovi con formazione mediatica e di stile di comunicazione? Neanche a parlarne… Un buon vescovo è un uomo di fede, non si scandalizza di questo. Sta attento a quello che dice, sul come lo dice e quando lo dice, dove lo dice. Non dovrebbero essere i giornalisti laici a fare i salti mortali per correggere le tue gaffes di comunicazione. Perché non vuoi una Chiesa moderna, non solo a parole. Modernità non vuol dire necessariamente immoralità. Si cresce guardando in avanti, senza dimenticare il passato la tradizione. Tutti abbiamo una storia, ma si guida guardando la strada in avanti. E se devi guardare indietro, guarda nello specchietto retrovisore per svoltare. Rapidamente.  Il buon vescovo è umile e attento ad imparare anche dalle altre Chiese cristiane che non perdono fedeli ogni giorno in caduta libera. Perché il buon vescovo è anche ecumenico. Non solo negli incontri ecumenici ufficiali, ma nei fatti. Troppo orgoglio impedisce un reale incontro ecumenico. E altre chiese cristiane più moderne guadagnano fedeli. Sai, qualcuno ha detto: «Mi sono fatto debole con i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno». (1 Cor 9,22). Ma il tuo dottorato in teologia può non bastare per questo. E’ urgente che i vescovi abbiano una formazione in scienze della comunicazione. Ma il tradizionalismo clericale è contrario a tutto ciò.

     Il papa ha perso consensi. E non pochi… Il venti per centro proprio nella sua  terra, in Germania. C’è chi avrebbe voluto maggior dialogo ecumenico con la Riforma protestante, piuttosto che revocare la scomunica ad una comunità religiosa anti concilio, che vorrebbe una chiesa ferma agli anni cinquanta del secolo scorso. C’è chi pensa, come il teologo Hans Küng,  che non basti solamente parlare sulla speranza in genere. Ci vogliono atti concreti. Ci sono per esempio milioni e milioni di divorziati che hanno difficoltà perché non sono ammessi alla comunione. Sarebbe molto meglio fare una riconciliazione con questi  divorziati piuttosto che con questi lefrevriani.. E che dire del dialogo con la riforma protestante? E invece si sono messi a repentaglio i rapporti con l’ebraismo. Che cosa dovrebbe fare il papa ora per convincere davvero che non sapeva e per riparare i guasti. Perché dopo il discorso di Ratisbona in qualche modo è riuscito a recuperare con il mondo islamico. Oggi che cosa dovrebbe fare per recuperare questo? Com’è possibile che il papa non sapesse della posizione del vescovo Williamson? Secondo Küng, e molti altri, certamente queste scuse non bastano.

I giudei stessi hanno detto che questo non basta. Il papa deve essere veramente distaccato da questo gruppo. Non è possibile che questi sono vescovi della chiesa cattolica. Anche se sono sospesi dalle funzioni non è accettabile che restino vescovi della chiesa cattolica. E questo sarebbe un atto coraggioso del papa: dire, ecco vediamo questo non è possibile, lasciamo questa gente fuori dove vogliono essere. Ratzinger è stato 20 anni nella curia Romana e vede tutto dal punto di vista del Vaticano. Adesso come papa è ancora di più in questa visione. Praticamente lui non ha nessuno tra i suoi collaboratori che non sia un destro. Tutti sono molto obbedienti, nessuno può criticare il papa. E’ senza critiche. E’ un po’ come questi del Kremlino che non vedono il mondo com’é. Hanno nella mente le loro dottrine, il loro sistema dogmatico, però non vedono il mondo e noi siamo veramente in pericolo che la chiesa avrà un danno molto più serio se il papa non collabora in collegialità con i vescovi, se lui non ha periti in vaticano che abbiano il coraggio di pronunciare una critica seria, se lui non fa altro che solamente ricevere la gente, scrivere libri e fare funzioni. Noi vogliamo avere un leader nella chiesa, un leader che guida la chiesa in  questo periodo molto difficile per tutto il mondo.

Non si è detto che il negazionismo potrebbe essere il risultato per alcuni di una visione preconciliare che accusava gli ebrei di deicidio. Prima di quel concilio che i lefebvriani disprezzano perché ha cercato di ridurre le distanze tra clero e popolo di Dio. E invece di Concilio ce ne vorrebbe un altro. Presto. Che si ponga il problema della perdita di terreno verso milioni di persone che ormai da tempo non guardano più alla Chiesa come alla madre che li conduce a Cristo.    

C’è dunque, e forse no sono pochi,  che vorrebbe un Obama sulla cattedra di Pietro. Che senza scendere a compromessi con la dottrina, suscitasse consensi raggiungendo le masse che abbandonano la Chiesa. Un linguaggio semplice, che tocchi il cuore della gente. Don Primo Mazzolari diceva: “Nell’altro non si entra come in una fortezza, ma come si entra in un bosco, in una bella giornata di sole. Bisogna che sia un’entrata affettuosa per chi entra come per chi lascia entrare, da pari a pari, rispettosamente, fraternamente. Si entra in una persona non per prenderne possesso, ma come ospite di riguardo”.

     La Chiesa ha urgente bisogno del carisma che trascina. In fondo per cambiare le persone occorre amarle, la nostra influenza arriva solo fin dove arriva il nostro amore. Se, come è, il papa è il vicario di Cristo, dovrebbe sempre suscitare  la stessa reazione che  il  Maestro provocò  nella donna samaritana: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?». (Gv 4,29). Questo è possibile senza travisare il messaggio. Ma il messaggio non passa se non si creano ponti con le persone. Un carisma dunque che trascina perchè ama e che quindi accorcia le distanze con l’interlocutore. Si riescono a raggiungere i “lontani”  là dove vivono, facendo conoscere loro una nuova immagine di Chiesa. Ci arriveremo? Yes, we can. We must. [2]

     Eminenza, le chiese evangeliche americane scrivono cartelloni accanto alle chiese per invogliare la gente a riflettere. Non lo sapevi? Ti sorprende? Non ti interessa? Non sono dei veri cristiani? Ti fa sorridere? Ne ero certo. Guarda che là qualche parroco cattolico ha incominciato a fare lo stesso. Non è questione di compromettere la sacralità con il profano. Qualcuno ha rinunciato alla sua ieraticità per farsi umile Bambino in mezzo a noi, sconvolgendo le attese dei grandi della Terra. E’ la kénosi, lo sai. Si avvicina la gente al sacro partendo dal profano. Sono cattolico, tu lo sai. E ho assistito all’entusiasmo di altri cristiani come noi che pregano in un ex palazzetto dello sport trasformato in luogo di culto. A Houston, nel Texas. Lo so non puoi andarci. Non puoi fare quello che vuoi. E nemmeno lo vorresti, naturalmente. Ma sarebbe bello se tu lo facessi. Ti verrebbero i brividi. Ho visto la gioia e l’entusiasmo dei primi cristiani nei loro occhi. 40.000 fedeli a settimana in un solo colpo non sono uno scherzo. Senza parlare di quelli che ricevono il messaggio che Dio ci ama e che ci vuole vincenti (anche la croce è vittoria, lo sai). Sai quanti sono? Milioni ogni settimana via televisione e Internet. Ma ti prego, non pensare a loro come la “concorrenza” o come a cristiani “strani”. Non c’è nessuno che prega il Padre Nostro con le mani in tasca o con le braccia conserte. Ma nemmeno in latino. La Chiesa è madre e maestra. Questa mamma deve ricominciare ad essere affettuosa e trasmettere la gioia di vivere in Cristo ai suoi figli. Uno stile nuovo. Ha tanti anni, ma non deve essere mai vecchia. Ricordati che le divisioni stupide le hanno volute gli uomini e che la Chiesa è del Signore. La Chiesa. Senza altri aggettivi storici. Là tu vedresti la fede viva che sgorga dal cuore in festa. Non ti dico che un parroco debba arrivare ai  livelli di Joel Osteen oppure del compianto Roger Schutz che ha avvicinato milioni di giovani alla fede in Cristo, ma che non potrà mai essere dichiarato Santo.[3] Però la gente ha bisogno che tu gli ricordi che Dio è amore. Ma è anche gioia. Gesù voleva che la nostra gioia fosse piena. Sai, lo spirito soffia dove vuole…            

 Un buon vescovo è attento ai tutti i fedeli.

      L’attenzione e l’accoglienza di tutti i figli della Chiesa – facendoli sentire a casa loro – è un’altra caratteristica del buon vescovo, se non vuole perderli. Single di tutte le età, vedovi, separati, divorziati, ragazze madri, madri o padri soli… non dovrebbero mai sentirsi cristiani di serie B… Dovrebbero sentire la carità della Chiesa attraverso iniziative del loro buon vescovo, attento alla pastorale a 360° e non ad aumentare le distanze all’interno della sua Curia e tra i fedeli e l’Istituzione che – troppo spesso – si dimentica appartenere a Gesù Cristo. Sarà Lui che chiederà conto all’amministratore sleale o poco accorto, di quanti figli ha stupidamente perso pensando più alla sua carriera che a pascere le sue pecorelle. Ad esempio, la  festa della famiglia è importante, ma ha senso solo quando tutti si sentono parte di una famiglia spirituale, soprattutto se una famiglia non ce l’hanno più o non hanno potuto per varie ragioni formarla… Nell’era della comunicazione globale e di Internet un fedele ci mette molto poco a informarsi e passare ad un’altra Chiesa cristiana più accogliente per tutti… per non parlare di chi cede alle lusinghe delle sette. Per qualche vescovo  “sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare” (Mt 18,6) piuttosto che dare scandalo a uno solo dei figli della Chiesa… E invece le macine da asino rimangono su altri colli e nessun vescovo incapace si butta negli abissi del mare. Gli basta essere chiamato “eccellenza” o “eminenza”. Non si capisce in cosa eccella l’amministratore infedele del gregge del Signore. Non si è vescovi per carriera, ma per amore.

 Il buon vescovo deve essere un comunicatore.

      Peccato che nessuno insegni ad un vescovo ad essere un buon vescovo. Da molte parti nella Chiesa si auspica una scuola che insegni ai vescovi ad essere tali, mentre adesso si viene eletti vescovi soltanto per elezione diretta. Nessuno insegna oggi ad un prete ad essere un buon vescovo. La visione clericale tradizionale non funziona più. Oggi la Chiesa viene liberamente scelta. Oppure rifiutata. Ci sono tante proposte. Anche Dio va scelto. Io credo che Lui accetterebbe di essere confrontato con le altre proposte. Dopotutto ha accettato di farsi umilmente uomo. Si è messo in discussione. Non scandalizzarti. Dovresti “fargli pubblicità”. Sai, a non tutti basta che la Chiesa esista per essere automaticamente scelta. Senza parlare di chi non si immagina neppure di cosa faccia e di cosa abbia fatto di buono in qualsiasi secolo della sua bimillenaria storia. Di chi non capisce il tuo linguaggio teologico e quindi nemmeno di come la fede possa cambiarti la vita. Sai, un messaggio così prezioso deve essere veicolato con cura. Il 55% della nostra comunicazione è costituita dal linguaggio non verbale del nostro corpo, un altro 38% dal timbro e dall’intonazione della nostra voce. Si capisce quello che siamo e in cosa veramente crediamo. Psicologia, sociologia, immagine, stile di comunicazione… La sola teologia non basta più per attrarre l’uomo moderno. Certo, il carisma è innato, ma molto si può fare. Papa Giovanni Paolo II era amato per il suo carisma, anche se non sempre era ascoltato per la sua dottrina. Non dipende dall’essere conservatori o progressisti. E’ lo stile di comunicazione. Un vescovo deve piacere alla gente, perché ha il dovere di trasmettere il messaggio più importante che esista per l’uomo. Anche il Verbo si è fatto carne, mentre troppo spesso la Chiesa si fa solo carta. 

E poi… qualcuno dovrebbe proprio diventare come i bambini. Semplici, umili, spontanei, gioiosi, entusiasti, simpatici, innocenti, gentili, disponibili – per entrare e fare entrare i suoi figli nel Regno dei Cieli. Lo sai, per noi il potere è servizio – non dominio.

 Il buon vescovo non è clericale, è ecclesiale.

      Clericale è quel vescovo che vive il suo episcopato con lo spirito dei dottori della legge, pieni di sé. Si compiace di una morale rabbinica, basata su leggi e divieti, ma non sui valori che deve trasmettere al suo gregge. E’ più attento al politically corrrect, alla carriera. Sepolcri imbiancati, direbbe il Padrone del suo gregge.    

 Ecclesiale è quel vescovo che tiene in considerazione la dignità del laicato. “Già papa Giovanni Paolo II citando papa Pio XII diceva: «I fedeli, e più precisamente i laici, si trovano nella linea più avanzata della vita della Chiesa; per loro la Chiesa è il principio vitale della società umana. Perciò essi, specialmente essi, debbono avere una sempre più chiara consapevolezza, non soltanto di appartenere alla Chiesa, ma di essere la Chiesa, vale a dire la comunità dei fedeli sulla terra sotto la condotta del Capo comune, il Papa, e dei Vescovi in comunione con lui. Essi sono la Chiesa(…)» (Christifideles Laici – 9)

      Il buon vescovo sa come affrontare il laicismo e rispetta la laicità. Esiste un corretto rapporto tra cultura religiosa di un popolo e laicità di uno stato? Non esistono popoli atei. Non esistono popoli senza una tradizione religiosa. Esistono oggi solo alcuni stati in cui la legge religiosa equivale a quella civile. Le teocrazie. In tutti gli altri Paesi, le leggi fondamentali sono state scritte basandosi anche sulla cultura religiosa di maggioranza in quello stato. Non sarebbe stata pensabile la carta costituzionale italiana, astrusa dalla cultura cattolica. Semplicemente perché la grande maggioranza dei cittadini si riconosce nei valori cristiani. Perché la storia dell’Occidente è stata in larga parte fondata dal Cristianesimo. Perché la dimensione religiosa è una parte fondamentale della storia degli individui e dei popoli. Con buona pace di chi vorrebbe rivendicare la laicità come arma di difesa alla crisi della coscienza e al suo rancore verso la religione.

In un certo senso il contrasto nasce dal fatto che, com’è giusto che sia, esistono stati laici, ma non esistono popoli laici. Esiste una minoranza di cittadini non religiosi (o di altre religioni) che deve sentirsi a proprio agio in uno stato democratico, ma sempre in un Paese che trova il suo collante anche e forse soprattutto nelle tradizioni e nella cultura religiosa della sua storia. Non è un caso che su più di sei miliardi di individui nel mondo oggi stime attendibili parlino di qualche centinaio di milioni di atei o agnostici, ben al di sotto del quindici per cento dell’umanità. Un vero laico non è quindi un oppositore della religione, né si sente minacciato dalla naturale e inevitabile religiosità del suo popolo. La vera laicità non è opposta alla cultura religiosa. Uno stato laico deve tenere conto della sua tradizione religiosa. 

     Chiariamo un malinteso. Stato laico non vuol dire stato ateo e nemmeno stato antireligioso. Uno stato laico garantisce le libertà religiose. Ha una cultura religiosa che nasce dalla sua storia e nella quale si riconosce la quasi totalità dei suoi cittadini. Non è realistico pensare all’Italia come ad un Paese non cattolico. E’ impensabile guardare all’Occidente senza comprendere la storia del Cristianesimo. Uno stato laico non ha leggi basate sulla religione. Se così fosse, tutti i peccati, ad esempio, della morale cattolica, sarebbero automaticamente reati. Divorzio, adulterio, aborto, rapporti sessuali prematrimoniali non sono reati. Mentre tutti i reati sono anche peccato perché si oppongono alla visione morale, quella cattolica, che forma il tessuto culturale e sociale del nostro Paese. Certo. I valori laici e quelli cattolici possono convergere, ma è illusorio pensare che i “valori laici” in un Paese di cultura cattolica non abbiano nulla a che fare, anche a livello di formazione, con quest’ultima.

 In altre parole, il cattolicesimo ha generato anche valori che qualcuno ritiene “laici”. E così in qualsiasi altro Paese al mondo, non essendoci, abbiamo già detto, società e popoli atei. Se il nostro Paese crede nel dialogo e nella tolleranza, lo deve alla cultura cattolica. Lo sarebbe nella stessa misura se fosse stato fondato in una cultura islamica fondamentalista, come in Arabia Saudita o in Iran? Alla base delle diverse deviazioni dottrinali e pratiche del mondo attuale si può scoprire come un denominatore comune, che quasi esprima l’anima di tutto e rappresenti il principio ispiratore della complessa gamma degli atteggiamenti errati nel campo religioso e morale?

Noi pensiamo di sì e crediamo di individuare questo atteggiamento di fondo in quella diffusa mentalità attuale che va sotto il nome di “laicismo”. Non temiamo di affermare che questo è l’errore fondamentale, in cui sono contenuti in radice tutti gli altri, in un’infinità di derivazioni e di sfumature.
E’ difficile dare una definizione del laicismo, poiché esso esprime uno stato d’animo complesso e presenta una multiforme varietà di posizioni. Tuttavia in esso è possibile identificare una linea costante, che potrebbe essere così definita: una tendenza o, meglio ancora, una mentalità di opposizione sistematica ed allarmistica verso ogni influsso che possa esercitare la religione in genere e la gerarchia cattolica in particolare sugli uomini, sulle loro attività ed istituzioni.

Ci troviamo, cioè, di fronte ad una concezione puramente naturalistica della vita dove i valori religiosi o sono esplicitamente rifiutati o vengono relegati nel chiuso recinto delle coscienze e nella mistica penombra dei templi, senza alcun diritto a penetrare ed influenzare la vita pubblica dell’uomo (la sua attività filosofica, giuridica, scientifica, artistica, economica, sociale, politica, ecc.).

Abbiamo, così, innanzitutto un laicismo che si identifica in pratica con l’ateismo. Esso nega Dio, si oppone apertamente ad ogni forma di religione, vanifica tutto nella sfera dell’immanenza umana. Il marxismo è precisamente su questa posizione né è il caso che ci diffondiamo ad illustrarlo.
Abbiamo, poi, un’espressione meno radicale, ma più comune, di laicismo, che ammette Dio e il fatto religioso, ma rifiuta di accettare l’ordine soprannaturale come realtà viva ed operante nella storia umana. Nell’edificazione della città terrestre intende prescindere completamente dai dettami della rivelazione cristiana, nega alla Chiesa una superiore missione spirituale orientatrice, illuminatrice, vivificatrice nell’ordine temporale.
Le credenze religiose sono, secondo questo laicismo, un fatto di natura esclusivamente privata; per la vita pubblica non esisterebbe che l’uomo nella sua condizione puramente naturale, totalmente disancorato da un qualsiasi rapporto con un ordine soprannaturale di verità e di moralità. Il credente è perciò libero di professare nella sua vita privata le idee che crede. Se, però, la sua fede religiosa, uscendo dall’ambito della pratica individuale, tenta di tradursi in azione concreta e coerente per informare ai dettami del Vangelo anche la sua vita pubblica e sociale, allora si grida allo scandalo come se ciò costituisse una inammissibile pretesa.
Alla Chiesa si riconosce, tutt’al più, un potere indipendente e sovrano nello svolgimento della sua attività specificamente religiosa avente uno scopo immediatamente soprannaturale (atti di culto, amministrazione dei sacramenti, predicazione della dottrina rivelata, ecc.). Ma si contesta ad essa ogni diritto di intervenire nella vita pubblica dell’uomo poiché questa godrebbe di una piena autonomia giuridica e morale, né potrebbe accettare dipendenza alcuna o anche solo ispirazione da esterne dottrine religiose. Agli antipodi del pensiero cattolico.

 
Tali affermazioni, che sono in nettissimo contrasto con la dottrina cattolica. Vogliamo soltanto sottolineare la portata gravissima di esse. Praticamente si nega o si prescinde dal fatto storico della rivelazione; si misconosce la natura e la missione salvifica della Chiesa; si tenta di frantumare l’unità di vita del cristiano, nel quale è assurdo voler scindere la vita privata da quella pubblica; si abbandona la determinazione della verità e dell’errore, del bene e del male all’arbitrio del singolo o delle collettività, aprendo così la strada a tutte le aberrazioni individuali e sociali, di cui – purtroppo – i nostri ultimi decenni hanno offerto testimonianze atroci.
     Come si vede, il fenomeno laicista affonda le sue radici in un contrasto sostanziale di principi. Non si esaurisce nel fatto politico contingente, anche se preferisce sviluppare soprattutto su questo terreno la sua quotidiana polemica contro la Chiesa. Nella sua accezione più conseguente, esso è una concezione della vita che è agli antipodi di quella cristiana. Una sottile corrosione dell’anima cattolica del Paese
Il pericolo insito in questo errore è oggi accentuato da due fatti. Innanzi tutto il laicismo, nell’odierna situazione italiana, evita generalmente gli atteggiamenti plateali e massicci del vecchio anticlericalismo ottocentesco. IL più scaltrito, più duttile, più lucido ed aggiornato alle tecniche del tempo. Più che aggredire direttamente preferisce l’insinuazione perfida e la critica sottile, più che la discussione diretta preferisce la battuta di spirito e lo scherno, più che l’attacco alle idee preferisce l’utilizzazione delle debolezze degli uomini, più che le spettacolari chiassate di piazza preferisce l’orpello d’una certa severità culturale.
Anche quando attacca la Chiesa si sforza di ammantarsi di nobili motivi: vorrebbe svincolarla da ogni “compromissione” temporale, purificarla da ogni “contaminazione” mondana e politica, metterla al passo dei tempi e svecchiare le sue interne strutture, affinché, libera e ringiovanita, possa tornare ad esercitare il suo sovrano ministero spirituale sulle anime.
A questo s’aggiunge un altro fattore importante: il laicismo sfugge a posizioni dottrinali precise. Come tutti gli errori di oggi preferisce l’indeterminatezza e la vaporosità degli atteggiamenti. Fa leva soprattutto su impressioni, su sentimenti e risentimenti, su stati d’animo. Ciò è dovuto a volte alla superficialità delle sue idee, ma spesso obbedisce ad un preciso calcolo. Ama giocare sull’equivoco per raggiungere i propri scopi senza suscitare eccessive reazioni, soprattutto in quella parte dell’opinione pubblica ancora legata – in qualche modo – alla religione e alla morale cristiana. Si mimetizza per operare indisturbato in modo da creare gradualmente un clima di pensiero e di vita disancorato da ogni riferimento soprannaturale ed aperto a tutte le avventure intellettuali e morali.

Questi fatti rendono l’insidia molto più grave, perché, sotto l’apparente rispetto per la fede religiosa del popolo, può essere gradualmente e insensibilmente consumata un’opera di sistematica corrosione dell’anima cattolica del paese.

Alla base dell’odierno atteggiamento laicista vi sia un profondo contrasto di natura religiosa, lo dimostra anche uno sguardo – sia pure sommario – dato alle più recenti manifestazioni di esso, le quali possono essere così sommariamente delineate:

 a) critiche astiose, anche se talvolta espresse in forma di apparente rispetto, per ogni intervento del magistero ecclesiastico, ogni qualvolta esso, dal piano dei principi, scende alle applicazioni pratiche; allarme e rifiuto dell’intervento della Chiesa e della sua gerarchia perfino in fatto di pubblica moralità;
b)insofferenza e diffidenza, se non aperta ostilità, verso tutto ciò che è espressione del pensiero e della vita dei cattolici nel paese, verso tutto ciò che indica una loro presenza ed influenza nei diversi settori della vita pubblica;
c) compiaciuta pubblicità data ad episodi di immancabili deficienze e di presunti scandali nel clero e nel laicato cattolico organizzato; travisamento sistematico delle finalità che animano opere cattoliche di assistenza, di carità, di educazione, ecc.;

d) compiacente appoggio dato ad ogni tentativo tendente ad introdurre nella legislazione italiana il divorzio e ad attenuare le vigenti disposizioni a tutela delle leggi della vita;

e) isolati, ma chiari sforzi per rimettere in discussione il Concordato che pure fu accettato con quasi unanime riconoscimento nell’immediato dopoguerra ed inserito nella stessa Costituzione;

f) aspri attacchi contro la vera libertà della scuola non statale e continue accuse ai cattolici di voler sabotare la scuola statale; opposizione tenace ad ogni richiesta di contributi, da parte dello Stato, alla scuola non statale e taccia alla stessa di mancare di libertà e di non educare alla libertà, in quanto al cattolico sarebbe preclusa la libertà d’indagine necessaria per il progresso e la cultura;
g) scandalo e proteste per ogni partecipazione delle pubbliche autorità a manifestazioni religiose o ad atti di omaggio al vicario di Cristo, nel quale si vuol vedere soltanto il sovrano della Città del Vaticano, con cui trattare da pari a pari, pena l’umiliazione e l’abdicazione dello Stato alla sua dignità sovrana;
h) incapacità a comprendere nel loro pieno significato religioso gli interventi della Chiesa e della sua gerarchia, intesi ad orientare i cattolici nella vita pubblica, a richiamarli – nel momento attuale – al dovere dell’unità, e a metterli in guardia contro ideologie che, prima di essere aberrazioni politiche e sociali, sono autentiche eresie religiose. Gioverà ricordare le parole di Pio XI: “Ci sono dei momenti in cui noi, l’episcopato, il clero, i laici cattolici, sembra si occupino di politica. Ma, in realtà, non ci si occupa che della religione e degli interessi religiosi, finché si combatte per la libertà religiosa, per la santità della famiglia, per la santità della scuola, e per la santificazione dei giorni consacrati al Signore. Non è questo fare della politica… Allora è la politica che ha toccato la religione, che ha toccato l’altare. E noi difendiamo l’altare” (Pio XI, Discorso del 19 settembre 1925).[4]

Meno male che Dio sa scrivere dritto sulle righe storte degli uomini.

«Guai anche a voi, dottori della legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito! ». (Lc 11,46). E’ quello che nessun vescovo vorrebbe sentirsi ripetere da Gesù Cristo nel giorno del giudizio. Perché c’è vescovo e vescovo… Quali caratteristiche deve avere?

Il vescovo “fondamentalista”.

     Il buon vescovo non confonde il sostegno alla sana dottrina  col fondamentalismo.

«Perciò correggili con fermezza, perché rimangano nella sana dottrina». (Tito 1,13)

    Il vescovo “fondamentalista” non dialoga. Si sente migliore degli altri. Pasce, sì, da bravo pastore il proprio gregge, ma usa il pastorale come una sciabola che divide i propri bravi fedeli dal resto delle folle di persone “cattive”, che non figli di Dio e che vogliono incomprensibilmente starsene lontane della Chiesa. O con noi o contro di noi! Siamo o non siamo la vera Chiesa?  E Gesù non ha forse detto “Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno”? (Mt 5,37) A lui piace la morale  rabbinica, quella basata sulla legge, non quella paolina, basata invece sui valori. Lui non va a cercare la pecorella smarrita, né tanto meno siede a tavola con i peccatori. Queste cose le faceva il Maestro, ma lui che c’entra? Ha una dignità; è un’eccellenza (o un’eminenza) da rispettare! Eminenza, avevi promesso!.. : «vuoi, come buon pastore, andare in cerca delle pecore smarrite per riportarle all’ovile di Cristo? Eletto: Sì, lo voglio».

Il vescovo “difensore della sana dottrina”

    Sostiene la sana dottrina (Tito 2,1), ma cerca di raggiungere ogni persona in nome di Cristo, secondo il monito di San Paolo  (1Corinzi 9:22): «Mi sono fatto debole con i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno». E’ pastore, quindi è sensibile a coloro che – smarritisi – sono lontani dal suo gregge. “Per poter pre-evangelizzare la Chiesa deve farsi ascoltare, deve essere credibile. Paolo Vi nel 1975 scriveva nell’esortazione apostolica Evangelii Nuntiandi (51): “Rivelare Gesù Cristo e il suo Vangelo a quelli che non li conoscono, questo è, fin dal mattino della Pentecoste, il programma fondamentale che la Chiesa ha assunto come ricevuto dal suo Fondatore. Tutto il Nuovo Testamento, e in modo speciale gli Atti degli Apostoli, testimoniano un momento privilegiato e, in un certo senso, esemplare di questo sforzo missionario che si riscontrerà poi lungo tutta la storia della Chiesa.

     Questo primo annuncio di Gesù Cristo, essa lo realizza mediante un’attività complessa e diversificata, che si designa talvolta col nome di «pre-evangelizzazione», ma che è già, a dire il vero, l’evangelizzazione, benché al suo stadio iniziale ed ancora incompleto. Una gamma quasi infinita di mezzi, la predicazione esplicita, certamente, ma anche l’arte, l’approccio scientifico, la ricerca filosofica, il ricorso legittimo ai sentimenti del cuore umano possono essere adoperati a questo scopo”. E la terza assemblea generale del Sinodo dei Vescovi, il 28 febbraio 1974 osservava amaramente che “Purtroppo, ci sono oggi molti pregiudizi contro la Chiesa, che ne infirmalo gravemente la credibilità e che fanno sì che essa non sia ascoltata, e, anzi, talvolta sia respinta a priori. Alcuni di questi pregiudizi sono dovuti alle lotte che nel passato ci sono state tra la Chiesa e la società civile: diffusi dalla cultura ufficiale italiana, essi sono profondamente radicati specialmente negli ambienti intellettuali, cosicché sradicarli è molto difficile. Altri pregiudizi sono nati in questi anni, , caos e dell’intervento della Chiesa nel campo politico, dovuto a necessità storiche contingenti: cosicché, per molti italiani, oggi la Chiesa fa politica o è una Chiesa ‘di parte’, perché appoggia un partito contro altri.”[5]

      Il 21 dicembre 2009 nel corso del discorso alla Curia Romana, papa Benedetto XVI osservava che è ricorrente per la Chiesa e i vescovi «la tentazione di fare politica», cioè di «cedere alla tentazione di prendere personalmente in mano la politica e da pastori trasformarsi in guide politiche». “Perciò, per poter fare opera di pre evangelizzazione la Chiesa italiana deve sforzarsi di eliminare dalla sua vita a tutto ciò che favorisce il persistere di questi pregiudizi e di mostrarsi, di conseguenza, sempre più credibile e autentica. In particolare, deve sempre più chiaramente, prendere le sue distanze dalla politica concreta e militante, pur dovendo intervenire in campo politico quando sono in gioco le esigenze del Regno di  Dio e i diritti della persona umana, per denunciare le ingiustizie e proporre le vie da percorrere per costruir un mondo più umano e più fraterno; soprattutto deve mostrasi distaccata dal denaro e dagli interessi economici o di prestigio, evitando tutto ciò che può far pensare alla ricerca del lucro anche nell’amministrazione dei sacramenti: deve purificare la sua religiosità da forme ‘superstiziose’ o folcloristiche che impressionano negativamente. Positivamente la Chiesa italiana deve mostrare in se stessa che il Vangelo è veramente capace di creare un mondo nuovo di fraternità, di libertà, di amore: deve, cioè, divenire l’’icona del mondo futuro’. Perciò, essa deve eliminare dal suo seno ogni forma di ingiustizia, ogni forma di mancanza rispetto della dignità delle persone ogni divisione ‘classista’ nel clero e nei fedeli, ogni fermento razzista, mostrandosi sempre più quello che la Chiesa è nella sua essenza profonda: una ‘comunione’ o, come diceva il martire S. Ignazio, una ‘agape’, non chiusa in se stessa in spirito di difesa, ma aperta a tutti, credenti e non credenti, rispettosa delle libertà di tutti, capace di apprezzare tutto ciò che di buono, di bello, di grande, tutto ciò che di autenticamente umano c’è nel mondo di oggi, nel quale, nonostante la presenza di tanto male, Dio è all’opera e silenziosamente costruisce il suo Regno».[6]

     Padre Franc Rodè – attuale Cardinale prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata – nel 1984 scriveva: “Innanzi tutto dobbiamo essere umili nel dialogo, per rispetto al non credente al quale ci rivolgiamo… dove il cristiano troverebbe nella sua fede il fondamento   d’una qualsiasi sufficienza?.. Chi, in effetti potrebbe lusingarsi di ricevere il dono della fede, se rifiutasse d’esprimere e di comunicare questo dono nella semplicità, nella dolcezza?”[7]

 Il buon vescovo non è un manager

     Deve ricordare che la sua autorità è più vicina a quella di un padre, che a quella di un leader. E’ un uomo dello spirito. Certo di avere anche capacità di guida, anche di comando, di gestione della sua diocesi, ma è sempre un uomo dello spirito e la gente oggi ha molto bisogno di modelli spirituali. Guai al vescovo manager. Pensa come sarebbe bello se tanti battezzati “perduti” guardassero alla Chiesa come alla casa di un Padre pronto a fare festa per il loro ritorno. Un Padre che non ha detto una sola parola di condanna. Basta la gioia del ritorno. Fratelli che tornano per interesse – perché hanno fame di verità – e che poi scoprono con sorpresa l’amore che accoglie senza condizioni. Ma se tornano e poi trovano te come manager o come ieratico giudice, beh allora… Cosa fai per questi fratelli? Cosa fai per raggiungerli? Parli la loro lingua? Li capisci? Sai quello che pensano di te e metti da parte il tuo orgoglio?

 Il buon vescovo non confonde la morale col moralismo

    La morale orienta la libertà al bene autentico ed è basata sulla parola di Dio e la tradizione della Chiesa. Questa però può cambiare, evolversi, essere attenta alle situazioni che lo scorrere della storia porta alla ribalta della riflessione etica. La tradizione è buona quando preserva da interpretazioni soggettive, non quando impedisce uno sviluppo della teologia morale. Altrimenti saremmo ancora a sostenere le indicazioni morali errate di papi e dottori della Chiesa. Un esempio? Papa Leone Magno (461) riteneva che «presso tutte le madri di questa terra il concepimento non è senza colpa» (Sermones 22,3). Papa Gregorio Magno (604) riteneva l’unione coniugale immune da colpa solo con la previa intenzione di generare. Per lui «Il piacere non può essere mai senza peccato». Cesario di Arles (542), vescovo, ammoniva che figli lebbrosi e indemoniati sarebbero nati da rapporti sessuali avuti nel dì festivo. Papa Nicola I (866) raccomandava di astenersi da ogni piacere della carne e contaminazione del corpo nei giorni di festa. Per S. Girolamo (420) una donna cessa di essere tale e può essere chiamata uomo quando vuol servire più Cristo che il mondo (Comm. ad Ephesios III,5). Egli afferma inoltre che la contraccezione è omicidio. Papa Gregorio I era convinto che «il piacere non può mai essere senza peccato». La verginità consacrata a Dio è molto superiore al matrimonio.

Il buon vescovo deve rispettare la tradizione, ma essere sempre aperto ad una riflessione che eviti al suo ministero di creare fossati incolmabili col mondo laico e con la parte del suo gregge che non riesce ad accettare una morale come dogmatica. Questo vuol dire dialogo umile e aperto:

Il moralismo è nemico della morale e allontana, la morale comprende. E per favore, dateci una Chiesa realmente ecumenica! Una Chiesa al cuore del Vangelo. Se no la gente comune, sopratutto quel 70% dei cattolici italiani continuerà ad interessarsi solo a quanto guadagnano il Papa, i cardinali e i vescovi… “Stranamente” l’articolo più letto di questo blog, da sempre. (https://giorgionadali.wordpress.com/2010/07/11/vaticano-e-stipendi-papa-vescovi-cardinali-e-preti)


[1] Marco Politi – Sarà il Millennio dei senza Cristo? La Repubblica, 28 luglio 1997, p. 21

[2] Giorgio Nadali – Un Obama a San Pietro, Affari Italiani, 10 febbraio 2009

[3] Joel Osteen è il pastore di Lakewood Church, la più grande chiesa cristiana indipendente degli Stati Uniti. Definito il “predicatore del sorriso”. www.lakewood.cc  Roger Schutz era il priore della comunità ecumenica più grande del mondo. La comunità di Taizé, Francia. www.taize.fr  che papa Giovanni XXIII aveva definito come “Primavera della Chiesa”.

[4] Lettera dell’Episcopato al Clero. Roma, 25 marzo 1960, tratto da Litterae Communionis, supplemento al n. 5, 1988

[5] Evangelizzazione nel mondo contemporaneo – Documenti dell’episcopato italiano per la III assemblea generale del Sinodo dei Vescovi, 28 febbraio 1974, p. 474 s.

[6] Op. cit. p. 476

[7] Franc Rodè in Via Verità e Vita – Novembre-Dicembre 1984 –“Per una pastorale verso I “lontani”. P. 19

Cf. Giorgio Nadali – La croce e l’anello. Misteri e segreti delle carriere ecclesiastiche, Udine, Edizioni Segno, 2010 

Giorgio Nadali

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GMG Madrid 2011. Folclore cattolico nel caldo infernale


dell’inviato Giorgio Nadali

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Siate lieti, scriveva San Paolo ai Filippesi. Lieto è il milione di giovani che ha letteralmente invaso il centro di Madrid, oggi per l’arrivo di Papa Benedetto XVI nella capitale spagnola, in occasione della XXVI edizione della Giornata Mondiale della Gioventù. Una folla festante che ha preso sul serio l’invito dell’Apostolo delle Genti. Anche perché alla loro età é facile essere lieti, sventolare bandiere e innegiare coretti del tipo “Benedetto, Benedetto!” verso chi li ha riuniti dai cinque continenti. Quando le amarezze e le delusioni della vita non hanno ancora messo alla prova quella fede che qui sta tra il folclore e il tifo da stadio. Prima che la loro festaiola innocenza capisca che le cose belle durano poco, che c’è solo qualche momento di felicità in un mare di sofferenza e si chiedano se a Dio importi qualcosa di questo. Un’altra prova di forza e di tenuta per la Chiesa Cattolica in piena crisi vocazionale e di consensi. Quanti di loro, smesse le magliette colorate e cessati i coretti sapranno farsi testimoni credibili verso quell’oceano di indifferenza là appena fuori del proprio comodo orticello cattolico? Quanto questa fede sarà utile quando capiranno che seguire Cristo vuol dire portare la croce, non uno zainetto colorato rosso, giallo e arancione con scritto JMJ Madrid 2011? Quanti sapranno amare chi nella vita ha sbagliato molto e ora è come Zaccheo, il Figliol Prodigo, la peccatrice perdonata? Quanti tenderanno loro la mano, la stessa che ora sventola bandiere variopinte? Alla cattedrale dell’Almudena i giovani si fanno fotografare davanti alla Madonna, come se fosse la cantante americana ormai in declino. Ma anche pie suore. Più in là qualcuno fa respirare su un banco i nudi piedi stanchi. Nessuno esce dalla cattedrale facendosi il segno di croce, forse troppe bandiere anche lì sventolate hanno fatto dimenticare il senso del luogo sacro. E allora Benedetto, Benedetto, il Catholic Pride di Madrid sta funzionando nell’immagine. Dio vedrà la sostanza. Intanto aspetto qui nella Calle della Virgen de los Peligros il tuo passaggio in Papamobile. Ti affido a Lei, Santità, anche per il pericolo che la Chiesa sta correndo. Più santità e meno folclore forse gioverebbero. Solo tornando al “Padre, che tutti siano una cosa sola” di Gesù, potrà esserci un’inversione di tendenza. L’unità di tutte le Chiese senza alcuna divisione. Unità nella sostanza, lasciando perdere tutto il resto.  Chissà cosa ne pensa quella donna senzatetto che da sotto un ponteggio della Carrera de San Jeronimo li guarda passare mentre (ancora) sbandierando cantano: “este è la juventud del Papa” (questa è la gioventù del Papa).

Giorgio Nadali

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Giovanni Paolo II da beato a santo in meno di tre anni. L’ultimo record da battere


di Giorgio Nadali

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Giovanni Paolo II è beato. E tutti si riscoprono improvvisamente devoti cattolici. Anche quel 70% di italiani che in chiesa non ci mettono mai piede. Una grande festa con tanto di reliquia-ampolla di sangue liquido con anticoagulante, portata in processione. Un campione prelevato per un’eventuale trasfusione, utile anche per una probabile beatificazione. La santità – quando è autentica  – ha un benefico effetto propulsivo per l’immagine della Chiesa.

Beato significa che il fedele è con certezza in Paradiso a causa delle sue virtù vissute in modo esemplare, anche se non ancora ufficialmente da venerare come santo per tutta la Chiesa . L’ultimo papa santo è stato San Pio X (il trevisano Giuseppe Melchiorre Sarto). Morto il 20 agosto del 1914, beatificato il 3 giugno 1951 (dopo 37 anni)  e dichiarato santo il 29 maggio 1954 (a 40 anni dalla morte).  Prima di lui bisogna tornare a San Pio V (Antonio Ghislieri), morto nel 1572. L’ultimo papa beato è stato Giovanni XXIII (Angelo Giuseppe Roncalli). Morto il 3 giugno 1963. Beatificato il 3 settembre 2000 (dopo 37 anni) proprio da Giovanni Paolo II insieme a Pio IX (Giovanni Mastai Ferretti), morto nel 1878.

I papi canonizzati sono 78, circa il 30% del totale (265), e appartengono quasi tutti alla Chiesa martire dei primi secoli. I papi beati (non santi) sono 10. La prassi di beatificare e canonozzare nuovi beati e santi appartiene alla Chiesa Cattolica.

Le Chiese ortodosse hanno santi, ma solo dell’antichità e non ne dichiarano mai di nuovi.

Nel 2008 la Chiesa cattolica ha dichiarato 14 nuovi beati e 4 nuovi santi. Nel 2009 sono stati canonizzati 10 santi di cui 4 italiani, due uomini e due donne. L’ultima santa italiana laica – madre di quattro figli- è stata dichiarata nel 2004 Gianna Beretta Molla (+1962). L’ultimo santo italiano laico è stato il medico Giuseppe Moscati (+1927) nel 1987, patrono degli anatomo-patologi. La più giovane santa italiana è Maria Goretti, morta a soli 12 anni nel 1902.

Papa Giovanni Paolo II ha già battuto diversi record con la sua santità:

  • 3° pontificato più lungo della
    storia: 1978 – 2005
  • Unico papa polacco
  • Papa straniero dopo 455 anni di papi tutti italiani
  • 3 esorcismi
  • 6 ospedalizzazioni
  • 9 concistori
  • 11 costituzioni apostoliche
  • 14 encicliche
  • 14 esortazioni apostoliche
  • 28 motu proprio
  • 38 visite ufficiali a Capo di
    Stato
  • 52 cerimonie di canonizzazione
  • 77 matrimoni comunitari
    celebrati
  • 104 viaggi
  • 129 nazioni visitate
  • 145 cerimonie di beatificazioni
    226 Primi Ministri ricevuti in
    udienza
  • 232 Cardinali creati (di un 1 inpectore) durante 9
    Concistori
  • 274 unzioni degli infermi
    impartiti
  • 300 confessioni
  • 301 parrocchie visitate
  • 482 santi proclamati
  • 697 città visitate
  • 703 colloqui con Capi di Stato
  • 738 incontri con Capi di Stato
  • 740 visita alla diocesi di Roma
  • 1164 udienze generali
  • 1339 beati proclamati
  • 1378 battesimi amministrati
  • 1595 cresime
  • 2125 sacerdoti ordinati
  • 2412 discorsi pubblici
    pronunciati
  • 1.163.865 chilometri percorsi in aereo, pari a 3
    volte la distanza tra la  Terra e la Luna
  • Beatificato dopo 6 anni dalla morte

Ora potrebbere battere anche questo record detenuto ora dall’ultimo papa santo: Pio X. Meno di tre anni dalla beatificazione alla canonizzazione come Santo. Anche questo farebbe bene all’immagine della Chiesa. Per la santità occorre un secondo miracolo. Questa volta Giovanni Paolo II potrebbe  scegliere di operare un’altra guarigione, ma su scala più vasta. Riempire le chiese e il cuore di quel 70% di italiani che sono cattolici a seconda del papa in carica.

Giorgio Nadali

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L’uomo che non ammette Dio è un pazzo. Firmato Isaac Newton


di Giorgio Nadali

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Pensieri della filosofia e della scienza

Platone (filosofo, 429 – 347 a.C.)

” Il sole non è che l’ombra di Dio “.

“Il mondo deve avere una causa, ed una causa buona.
Questa prende il nome di Eterno Fattore, il padre di tutte le cose”.

Aristotele
(filosofo, 384 a.C. – 322 a.C.)

“Dio divenendo invisibile ad ogni mortal natura, si
vede per le sue stesse opere”.

Cicerone
(106 a.C. – 43 a.C)

“Nulla è più chiaro dell’esistenza di una divinità di
niente infinita, da cui i corpi celesti sono governati”.

Galileo
Galilei (1564 – 1642)

” Nelle mie scoperte scientifiche ho appreso più col
concorso della divina grazia che con i telescopi “.

Keplero
(astronomo, 1571 – 1630)

“ Ti ringrazio, o mio Creatore e Signore, di tutte le gioie
che mi hai fatto gustare nell’estasi in cui mi ha rapito la contemplazione
delle opere delle tue mani “.

Leibniz
(scienziato e filosofo, 1616 – 1715)

” Ogni creatura rispecchia il Creatore “.

Newton
(matematico e fisico, 1643 – 1723)

” Questa notte io fui assorbito dalla meditazione della
natura. Ammiravo il numero, la disposizione, la corsa di quei globi
innumerevoli.

Ma ammiravo ancor più l’Intelligenza infinita che presiede a
questo vasto meccanismo. Dicevo a me stesso: Bisogna essere ben ciechi per non
restare estasiati a questo spettacolo, sciocchi per non riconoscerne l’Autore,
pazzi per non adorarlo “.

” L’uomo che non ammette Dio è un pazzo “.

Linneo
(medico e naturalista, 1707 – 1778)

” Il Dio eterno, il Dio immenso, sapientissimo,
onnipotente, è passato dinanzi a me. Io non l’ho veduto in volto… ma ho visto
le tracce del suo passaggio “.

Buffon
(naturalista, 1707 – 1788)

” Quanto più penetro nel senso della natura, tanto più
profondamente rispetto il Creatore “.

Diderot
(scrittore e filosofo, 1713 – 1784)

” L’occhio e l’ala di farfalla bastano per annientare
un ateo “.

Ampère
(fisico e matematico, 1775 – 1836)

” Scrivi con una mano sola; con l’altra tieniti
aggrappato alla veste di Dio, come un bimbo si tiene alla veste del padre!
Senza questa precauzione ti sfracelleresti immancabilmente contro una roccia
“.

Hans
Christian Oerstedt (fisico, 1777 – 1851)

” Noi non siamo niente al confronto con Dio; ma siamo
qualcosa per mezzo di Dio “.

Augustin
Louis Cauchy (matematico, 1778 – 1857)

” Se non ammettiamo l’esistenza di Dio come cristiani,
dobbiamo ammetterla come matematici “.

Faraday
(chimico e fisico, 1791 – 1867)

” La notizia e il rispetto di Dio giungono al mio
spirito attraverso vie così sicure come quelle che ci conducono alle verità
nell’ordine fisico “.

Justus
Von Liebig (chimico, 1803 – 1873)

” La grandezza e l’infinita sapienza del Creatore del
mondo la riconosce solo colui che si sforza di comprendere i suoi pensieri
nell’infinito libro della natura ”

Giuseppe
Mazzini (1805 – 1872)

” Chi può negare Dio di fronte ad una notte stellata,
davanti alla sepoltura dei suoi cari, davanti al martirio, è grandemente
infelice o grandemente colpevole “.

Pasteur
(biologo, 1822 – 1895)

” Più studio e più acquisto la fede del contadino
“.

Henri
Fabre (entomologo, 1823 – 1915)

” Mi sembra di dire troppo poco affermando di credere
in Dio: io dico che lo vedo. Senza di Lui io non vedo nulla, senza di Lui tutto
è tenebre.

Questa convinzione non solo l’ho conservata studiando, ma
l’ho resa sempre più evidente e migliorata… Per me l’ateismo è una
stravaganza… Ma io mi lascerò strappare la pelle prima che la fede in Dio
“.

Tolstoj
(romanziere russo, 1828 – 1910)

” Quell’infinito che ti circonda e su cui ti trovi, le
leggi di questo infinito ti parlano di Dio. Dire che non lo vedi è fare come lo
struzzo che nasconde il capo sotto le ali per non vedere “.

Edison
(fisico, 1847 – 1931)

” Sono un uomo che ammira tutti gli ingegneri
dell’universo, e che ha profonda ammirazione per il più grande di tutti, che è
Dio “.

Johannes
Reinke (biologo, 1849 – 1931)

” Quanto più profondamente penetriamo nel meccanismo
della natura, tanto più grandioso ci si presenta da lontano, dalla sfera
metafisica, il riflesso della divinità “.

Max
Planck (fisico, 1858 – 1947)

” Religione e scienza non si escludono, ma si
completano e si condizionano a vicenda. E la prova è rappresentata dal fatto
che proprio i più grandi scienziati di tutti i tempi erano penetrati da
profonda religiosità “.

Eberhard
Dennert (botanico, 1861 – 1924)

” La natura è un’opera d’arte… O Dio, grande artista
del mondo! Io stupìto ammiro le opere delle tue mani “.

R. A.
Millikan (fisico, 1868 – 1953)

” Il materialismo è una filosofia assurda e irrazionale
e credo che in realtà sarà considerata come tale dalla maggior parte degli
uomini che riflettono “.

Carrel
(cancerologo, 1873 – 1944)

” L’uomo ha bisogno di Dio come dell’acqua e
dell’ossigeno “.

Guglielmo
Marconi (fisico, 1874 – 1937)

” Credo nella potenza della preghiera come cristiano e
come scienziato”.

” La scienza è incapace di dare la spiegazione della
vita; solo la fede ci può fornire il senso dell’esistenza: sono contento di
essere cristiano “.

Friedrich
Von Huene (geologo – paleontologo, n. 1875)

” Questa lunga storia della vita che gradualmente si
perfeziona è proprio la creazione del mondo vivo. E’ l’attività di Dio, che
tutto programma e prepara, guida e porta “.

Albert
Einstein (fisico, 1879 – 1955)

” L’opinione corrente che io sia un ateo si basa su un
grosso errore. Chi la deduce dalle mie teorie scientifiche, non le ha comprese
“.

” La mia religione consiste nell’umile adorazione di un
Essere infinito spirituale di natura superiore che rivela se stesso nei piccoli
particolari che noi possiamo percepire con i nostri sensi deboli e
insufficienti “.

” La scienza senza la religione è paralitica; la
religione senza la scienza è cieca “.

” Senza la religione l’umanità si troverebbe oggi
ancora allo stato di barbarie… E’ stata la religione che ha permesso
all’umanità di progredire in tutti i campi “.

” Credo in un Dio personale, e posso dire con coscienza
che nella mia vita non ho mai accondisceso ad una concezione ateistica “.

Bernhard
Bavink (matematico e filosofo, 1879 – 1947)

” Chi ha capito anche solo un poco della fisica
moderna, è immunizzato contro l’assurdità del materialismo “.

Francesco
Severi (matematico, 1879 – 1961)

” La mia più alta conquista è stata la fede “.

Nicola Pende
(medico biotipologo, 1880-1970)

” Senza la luce della dottrina di Cristo, i problemi
fondamentali della natura umana sono insolubili dalla scienza. Senza tale luce
la scienza è senza pace “.

Max
Planck (fisico, 1858 – 1947)

” Religione e scienza non si escludono, ma si
completano e si condizionano a vicenda. E la prova è rappresentata dal fatto
che proprio i più grandi scienziati di tutti i tempi erano penetrati da
profonda religiosità “.” Un gran numero degli scienziati moderni sono
credenti… Il materialismo è scientificamente insostenibile “.

“… L’unica salvezza dell’umanità sarà da ricercare
nella religione “.

Erwin
Schrodinger (fisico, 1887 – 1961)

” Gli elementi costitutori dell’essere vivente non sono
opera umana, ma il più bel capolavoro mai compiuto da Dio, secondo le linee
della meccanica quantica “.

Robert Nachtwey (filosofo e naturalista, 1893
– 1964)

” In tutte le creature della terra scopriamo la potenza
di uno Spirito pensante e inventore, la cui attività si svolge instancabile
“.

” … Dopo 75 anni di lavoro incessante la scienza deve
ammettere che tutte le formule della teoria del “caso” fanno pietà
“.

L.
Fantappiè (matematico, 1901 – 1956)

” La scienza che era materialistica nel secolo passato,
si è andata sempre più spiritualizzando, fino a diventare oggi la migliore
alleata della fede “.

E. Medi
(fisico, 1911 – 1974)

” Guardando la natura nei suoi aspetti più grandiosi e
nelle sue costruzioni più profonde e minime, si sente un Pensiero che opera
nelle cose, esistendo purissimo per se stesso “.

” … Dalla Luna si vede lo spettacolo più stupendo del
creato, si vede la terra, fulgida impronta di Chi tutto muove “.

Carl
Friedrich Von Weizsacker (fisico teorico, 1912 – 2007)

” Il tempo del conflitto tra fede e scienza è ormai
passato “.

Giuseppe
Caronia (medico)

” Nei momenti della sofferenza soltanto la presenza di
Cristo mi ha dato e mi dà la forza di continuare la buona battaglia “.

Joseph
Meurers (astrofisico e filosofo)

” Non solo non è vero, ma è volutamente falso, una
menzogna, dire che la scienza, in particolare le scienze naturali, hanno
dimostrato che Dio non esiste “.

Karl
Willy Wagner (ingegnere e filosofo, 1883 – 1953)

” I più grandi pensatori di tutti i tempi furono
profondamente credenti… E come potrebbe essere diversamente?… Non solo la
natura ci rivela lo Spirito di Dio, ma nell’uomo stesso e e nelle sue opere,
nonostante tutti gli errori, le tentazioni e i peccati cui siamo soggetti in
conseguenza della nostra imperfezione “.

Rainer
Schubert-Soldern (zoologo, botanico, paleontologo)

” La vita deve la sua esistenza ad un Principio che è
estraneo alla materia; il carattere finalistico del processo vitale fa capire
che la Causa del principio vitale ha concepito la vita finalisticamente…
“.

Heinrich
Vogt (astronomo)

” Io credo in una potenza superiore soprannaturale, in
un Dio, come artefice, portatore e conservatore del mondo “.

Max
Hartmann (biologo) 1876-1962

” I risultati della scienza più evoluta, la fisica, non
sono minimamante in contraddizione con la fede in una Potenza che è dietro e
sopra la natura e la governa “.

Andrew
Conway Ivy (fisiologo e cancerologo) 1893-1978

” C’è un Dio? Sì, sono sicuro che c’è un Dio, come sono
sicuro di qualcosa d’altro. Sono certo che c’è un Dio come sono sicuro che io
esisto. “.

A.
Cressy Morrison (fisico americano)

” Le nuove conoscenze fanno ancora posto ad
un’intelligenza effettivamente operante dietro i fenomeni della natura… Senza
la fede la civiltà crollerebbe, l’ordine si muterebbe in disordine… Il male
regnerebbe indisturbato nel mondo “.

T. D.
Parks (chimico)

” Io vedo ovunque intorno a me ordine e determinazione
nel mondo inorganico. Non posso credere che essi esistano per casuali fortunate
combinazioni di atomi! Per me questo piano presuppone un’intelligenza;
quest’intelligenza la chiamo Dio… “.

A.
L’Arco

” Se Dio non c’è, tutto è lecito ” profetizzò un
secolo fa Dostojevskij.

La nostra generazione sta sperimentando sulla carne viva
questa amara verità “.

Su una
meridiana di Nola

” Senza sole nulla sono io; senza Dio nulla sei tu
“.

Prelato Invenzione
Niccolò
Stenone (1638-1686)  vescovo gesuita
Beatificato
da Giovanni Paolo II nel 1988. Il suo De solido intra solidum naturaliter
contento dissertationis prodromus
, ne fa uno dei principali fondatori
della moderna geologia. La sua famosa frase “pulchra sunt quae videntur, pulchriora quae sciuntur, longe
pulcherrima quae ignorantur
” (belle sono le cose che si vedono, più
belle quelle che si conoscono, bellissime quelle che si ignorano) potrebbe
ben essere presa come esempio di giusta curiosità intellettuale, fondamento
per la ricerca scientifica di tutti i tempi. Come anatomista Stenone scoprì
il dotto parotideo (dotto di Stenone); a lui spetta anche il merito della
corretta interpretazione della funzione ghiandolare e della distinzione tra
ghiandole secernenti e linfonodi. Dimostrò che il cuore è un muscolo, e non
la fonte del calore o la sede dell’anima. Interpretò correttamente le
circonvoluzioni cerebrali come sede delle funzioni cognitive superiori,
ponendosi in contrasto con le allora dominanti teorie cartesiane. Scoprì la
funzione delle ovaie e delle tube uterine.
Fondatore
della geologia e della stratigrafia moderna
Athanasius
Kircher  (1602-1680) prete gesuita
Fondatore
dell’egittologia. Tra le prime persone ad osservare microbi attraverso un
microscopio, fu talmente in anticipo sul suo tempo da proporre la tesi che la
peste era causata da un microrganismo infettivo, e da proporre misure
efficaci per prevenire la diffusione della malattia. Kircher mostrò inoltre
un vivace interesse per la tecnologia e le invenzioni meccaniche: tra le
invenzioni che gli sono attribuite vi sono un orologio magnetico, diversi
automi e il primo megafono.
Georges
Lemaître  (1894 -1966)  prete gesuita
Primo a capire che lo
spostamento verso il rosso della luce delle stelle era la prova
dell’espansione dell’universo e a proporre la legge di Hubble, secondo la
quale vi è una proporzionalità fra distanza delle galassie e loro velocità di
recessione. Nel 1927, infatti, pubblicò la teoria del Big Bang, basata sulla
relatività generale, che spiega entrambi i fenomeni. A lui sono stati
dedicati:Il cratere lunare Lemaître; La metrica di
Friedmann-Lemaître-Robertson-Walker; L’asteroide 1565 Lemaître
Robert  Grosseteste
(1175-1253)  vescovo
Il
primo ad aver messo per iscritto una serie completa di passi necessari alla
realizzazione di un esperimento scientifico
Ruggero Bacone  (1214 -1294) frate francescano La sua
Opus Majus” contiene
trattazioni di matematica, ottica, alchimia e manifattura della polvere da
sparo, le posizioni e le estensioni dei corpi celesti, compresa la chiara
affermazione della rotondità della terra; l’opera inoltre anticipa successive
invenzioni – oltre agli occhiali – anche il microscopio, il telescopio,  le macchine volanti e le navi a vapore.
Bacone studia anche l’astrologia ed è convinto che i corpi celesti esercitino
una influenza sul fato e la mente degli umani. A lui si deve anche una
critica al calendario giuliano allora in uso. Per primo dopo gli scienziati
ellenistici riconosce lo spettro visibile in un bicchiere d’acqua, secoli
prima dei lavori di ottica di personaggi come Marcantonio de Dominis,
Cartesio e Isaac Newton. A lui si devono anche misurazioni sull’arcobaleno.
S.  Alberto Magno (c. 1200 – 1280) prete
domenicano
Celebre
naturalista registrò un’enorme quantità di dati sul mondo che lo circondava.
La sua prodigiosa produzione compresa la fisica, la logica, la metafisica, la
biologia, la psicologia e svariate scienze della terra. Come Roger Bacon,
Alberto Magno fu diligente nell’annotare l’importanza dell’osservazione
diretta nell’acquisizione della conoscenza del mondo fisico. Nel De mineralilibus spiegò che lo scopo
della scienza naturale non era “limitarsi d’accettare le affermazioni altrui,
vale a dire ciò che è narrato dalla gente, ma a indagare da sé le cause che
operano nella natura…
Gesuiti in generale I
gesuiti avevano contribuito allo sviluppo degli orologi a pendolo, dei pantografi,
dei barometri, dei telescopi e dei microscopi a riflessione, ed esposto
diverse teorie in vari campi scientifici, come il magnetismo, l’ottica e
l’elettricità. Osservarono, in alcuni casi prima degli altri, le fasce
colorate della superficie di Giove, la nebulosa di Andromeda e gli anelli di
Saturno. Avanzavano teorie sulla circolazione del sangue (indipendentemente
da Harvey), sulla possibilità teorica di volare, sul modo in cui la luna
provoca le maree e sulla natura della propagazione della luce tramite le
onde. Le mappe delle stelle nell’emisfero meridionale, la logica simbolica,
le misure per controllare i flussi del Po e dell’Adige, l’introduzione dei
segni “più” e “meno”.

Trentacinque
crateri dalla luna hanno preso nome da scienziati e matematici gesuiti.

Cristoforo
Grienberger (1561-1636) prete gesuita
Padre
Griensberger, che verificò personalmente la scoperta delle lune di Giove
fatta da Galileo fu un astronomo eminente: inventò telescopio con montatura
“equatoriale”, che ruotava su un’asse parallelo a quello della terra, e
contribuì allo sviluppo del telescopio rifrangente in uso oggi.
Fredegisio,
Abate di S. Martino (700-834) monaco
Inventa
la “Minuscola carolina”, i caratteri minuscoli, spazi tra le parole e altre
misure atte a incrementare la leggibilità di un testo e la sua scrittura.
Giambattista
Riccioli (1598-1671)  prete gesuita
Ha misurato l’accelerazione
di un corpo in caduta libera… Agli studiosi non è sfuggito che i gesuiti
ebbero un apprezzamento particolarmente acuto per l’importanza della
precisione nella pratica della scienza sperimentale. Padre Riccioli fu la
prova vivente di tale impegno. Al fine di sviluppare un accurato pendolo da
un secondo, padre Riccioli riuscì a convincere nove confratelli a contare
circa ottantasettemila oscillazioni in un solo giorno. Grazie questo accurato
pendolo, fu in grado di calcolare la costante di gravità.
Ruggero
Boscovich (1711-1787)  prete gesuita
Sviluppò il primo metodo
geometrico per calcolare l’orbita planetaria sulla base di tre osservazione
della sua posizione. La sua Theoria
philosophiae naturalis
, pubblicata per la prima volta nel 1758 attrasse
ammiratori ai suoi tempi e sempre ne ha attratti, da allora per il suo
ambizioso tentativo di comprendere la struttura dell’universo avendo come
punto di riferimento una singola idea… L’originale contributo di Boscovich
anticipò gli obiettivi e molti degli elementi della fisica atomica
novecentesca…Padre Athanasius Kircher (1602-1680) ricorda padre Boscovich per
l’enorme gamma dei suoi interessi; egli è stato paragonato a Leonardo da
Vinci e onorato con il titolo di “maestro di 100 arti”
Tommaso de
Vio,  cardinale Cajetano  (1468 – 1534)
Nel suo trattato del 1499,
intitolato intitolato De cambiis,
che intendeva giustificare il mercato internazionale da un punto di vista
morale, Cajetano fece notare che il valore del denaro nel presente potrebbe
essere alterato dalle aspettative concernenti lo stato probabile del mercato nel futuro
Cristoforo
Clavio (1538-1612) prete gesuita
Definisce
il calendario gregoriano
Papa
Gregorio XIII (Ugo Boncompagni – 1502-1586)
Inventa
il nostro attuale calendario gregoriano
Francesco
Maria Grimaldi (1618-1663) prete gesuita
Crea una mappa lunare. Scopre
lo spettro di diffrazione (bande colorate al bordo di un’ombra).
Luis
de Molina (1535-1600) prete gesuita
Teoria
del valore soggettivo in economia (contro la teoria del valore basata sul
lavoro, di Karl Marx).
Gregor
Mendel (1822-1884) frate agotiniano
Biologo
ceco, considerato, per le sue osservazioni sui caratteri ereditari, il
precursore della moderna genetica.
Guido
Monaco (d’Arezzo)  (991-1050)  monaco
Inventore
della moderna notazione musicale e del tetragramma, che rimpiazzarono
l’allora dominante notazione neumatica. Il suo trattato musicale, il Micrologus,
fu il testo di musica più distribuito del Medio Evo, dopo i trattati di
Severino Boezio[1]
(Latino)
« Ut queant laxis Resonare
fibris Mira gestorum Famuli tuorum Solve polluti LAbii reatum Sancte Iohannes
»
(Italiano)
« affinché possano cantare
con voci libere le meraviglie delle tue azioni i tuoi servi, cancella il peccato
del loro labbro contaminato, o san Giovanni »
L’UT è poi stato traformato
in DO.
Cirillo
e Metodio (IX secolo) monaci
Inventori dell’alfabeto
cirillico, usato tuttora nella lingua russa, ucraina, bielorussa, serba, ecc.

[1] Giorgio Nadali – La Croce e l’Anello. Misteri e segreti
delle carriere ecclesiastiche
, Udine, Segno, 2010

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Fede e capelli


di Giorgio Nadali

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La tonsura è presente in varie religioni. Nell’Islam i pellegrini che si recano alla Mecca si radono il capo in segno di purezza e di rifiuto della vanità. Nel buddhismo la tonsura è una parte del rito di pabbajja  per diventare un monaco. Questa tonsura viene rinnovata spesso per mantenere il viso rasato e la cute del cuoio capelluto completamente calva. Alcuni monaci buddhisti cinesi hanno 6, 9 o 12 punti neri nella parte superiore dello scalpo, come risultato della combustione del cuoio capelluto con la punta di un bastone di incenso fumante. Nell’Induismo, il concetto alla base è che i capelli costituiscono una simbolica offerta agli dèi. In India – a Tirumala – c’è il tempio Tirumala Venkateswara nei pressi di Tirupati, dedicato  al dio Venkateswara, dove i pellegrini si radono a zero. Il tempio raccoglie una tonnellata di capelli al giorno, poi venduti per 6 milioni di dollari all’anno. Questo rappresenta un vero e proprio sacrificio di bellezza e in cambio ricevono benedizioni in proporzione al loro sacrificio. Il taglio di capelli (in sanscrito cuda karma, cuda karana) è uno dei tradizionali riti di passaggio detti samskara, eseguiti per i bambini: “secondo l’insegnamento dei testi rivelati, il Kudakarman (tonsura) deve essere eseguita, per ragioni di merito spirituale, da tutti gli uomini nati due volte nel primo o nel terzo anno.” In alcune tradizioni la testa è completamente rasata mentre in altri è lasciato un piccolo ciuffo di capelli chiamato sikha. Le vedove si radono a zero dopo la morte del marito e non è raro vedere tonsure sulla testa di un bambino dopo la morte di un genitore (di solito il padre).

Oggi nel Cristianesimo  Ortodosso e nelle chiese orientali cattoliche di rito bizantino, ci sono tre tipi di tonsura: battesimale, monastica e clericale. In tutti e tre i casi (per bambini e adulti) consiste dal taglio di quattro ciocche di capelli in forma di croce: nella parte anteriore della testa mentre il celebrante dice “nel nome del Padre”, nella parte posteriore della testa, mentre pronuncia le parole” e del Figlio” e su entrambi i lati della testa mentre dice “e dello Spirito Santo”.  In tutti i casi, è consentito far crescere i capelli nella parte posteriore del capo. La tonsura, come tale, non è adottata come acconciatura.

Negli Atti degli Apostoli 18,18:  “Paolo si trattenne ancora parecchi giorni, poi prese congedo dai fratelli e s’imbarcò diretto in Siria, in compagnia di Priscilla e Aquila. A Cencre si era fatto tagliare i capelli a causa di un voto che aveva fatto”.

Paolo, forse per mostrare ai Giudei che rispettava le usanze ebraiche, aveva fatto il voto temporaneo di “nazireato” per cui doveva astenersi dal vino, non tagliarsi i capelli finché non avesse offerto il sacrificio a Gerusalemme.

Nel rito occidentale della Chiesa cattolica, la “prima tonsura” fu, nel Medioevo, il rito per inserire un uomo nel clero. La tonsura era un prerequisito per ricevere gli ordini minori e maggiori. Lasciare la tonsura equivaleva ad abbandonare lo stato clericale e nel 1917 il codice di diritto canonico dichiarava che ogni chierico degli ordini minori che non avesse ripreso la tonsura entro un mese dopo essere avvertito dal suo vescovo, avrebbe perso lo stato clericale.

Nel corso del tempo, l’aspetto della tonsura variò, e si arrivò ad una tonsura non monastica per il clero. Consisteva in un simbolico taglio a forma di croce di un ciuffo e di una piccola area circolare totalmente rasata sulla nuca, a seconda degli ordini religiosi. Quest’area non doveva però essere inferiore alla dimensione di un’ostia per l’Eucaristia. I Paesi non  cattolici avevano eccezioni a questa regola, soprattutto nel mondo anglofono. In Inghilterra e in America, ad esempio, il punto rasato è stato soppresso, probabilmente a causa delle persecuzioni che sarebbero potute derivare dall’essere parte del clero cattolico, ma la cerimonia del taglio dei capelli nella prima tonsura clericale è sempre stato richiesto.

Oltre a questa generale tonsura clericale, alcuni ordini monastici di rito occidentale, ad esempio certosini e trappisti, usano una versione molto completa della tonsura, rasando la testa completamente calva e mantenendo solo un anello stretto di capelli corti, talvolta chiamato “la corona monastica”, dal momento dell’ingresso in noviziato monastico per tutti i monaci, se destinati al servizio come sacerdoti o fratelli. Alcuni ordini monastici e singoli monasteri mantengono la tradizione di una tonsura monastica.

La forma più completa di tonsura clericale portò ad indossare uno zucchetto per tenere la testa calda. Lo zucchetto è indossato ancora oggi dal Papa (bianco), dai cardinali (rosso) e dai vescovi (viola-fucsia) sia durante sia al di fuori delle cerimonie religiose. I sacerdoti possono indossare un semplice zucchetto nero, solo di fuori dei servizi religiosi, anche se non è mai usato tranne da alcuni monaci.

La consuetudine di rasare completamente il capo fu in uso nell’antichità cristiana dapprima presso i monaci e passò quindi anche ai chierici.

Con la lettera apostolica in forma di motu proprio Ministeria Quaedam “con la quale nella Chiesa Latina viene rinnovata la disciplina riguardante la prima tonsura, gli ordini minori e il suddiaconato”- del 15 agosto 1972 – papa Paolo VI abolì il rito della prima tonsura:

 “I. La Prima Tonsura non viene più conferita; l’ingresso nello stato clericale è annesso al diaconato. II. Quelli che finora erano chiamati Ordini minori, per l’avvenire dovranno essere detti «ministeri». III. I ministeri possono essere affidati anche ai laici, di modo che non siano più considerati come riservati ai candidati al sacramento dell’Ordine”.

Da quel momento, tuttavia, alcuni istituti sono stati autorizzati a utilizzare la prima tonsura clericale, come ad esempio la fraternità sacerdotale di San Pietro (1988), l’Istituto di Cristo Sacerdote e Re  (1990) e l’amministrazione apostolica personale San Giovanni Maria Vianney, (2001).

Giorgio Nadali

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Vita, rimani qui con me. L’uomo si distrugge con la scienza senza umanita’.


di Giorgio Nadali

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L’embrione «È un essere vivente non un cumulo di materiale biologico». Lo ha ribadito Benedetto XVI a San Pietro nell’omelia della celebrazione di apertura dell’Avvento, che ha voluto fosse preceduta quest’anno da una Veglia di preghiera per la vita nascente. «Riguardo all’embrione nel grembo materno, la scienza stessa – ha detto il Papa – ne mette in evidenza l’autonomia capace d’interazione con la madre. Non si tratta di un cumulo di materiale biologico, ma di un nuovo essere vivente, un nuovo individuo della specie umana». «Purtroppo, anche dopo la nascita, la vita dei bambini continua ad essere esposta all’abbandono, alla fame, alla miseria, alla malattia, agli abusi, alla violenza, allo sfruttamento».

“L’uomo si distrugge con la scienza senza umanita’” – diceva Gandhi.  E’ il cuore della bioetica. Quella riflessione etica sulle scoperte scientifiche e sulle relative applicazioni tecnologiche, che ci salva dall’autodistruzione. E’ lo studio sistematico della condotta umana nell’area delle scienze della vita e della cura della salute, quando tale condotta viene esaminata alla luce dei valori e dei princìpi morali. Già, ma quali princìpi? 

• La scienza è buona solo se difende, protegge, sviluppa, aiuta la vita umana, dal concepimento alla morte naturale.
• L’uomo è persona dal concepimento alla morte naturale. La vita umana è un valore assoluto. Non dipende da opinioni, non dipende dal fatto che sia stata voluta o no. Qualsiasi vita umana vale sempre e comunque. Contro questo principio ci sono solo ingiustizie e barbarie.
• L’uomo è sempre soggetto e mai oggetto. La vita umana non può mai essere usata. Non esistono vite meno importanti di altre. Agisci sempre in modo da trattare l’umanità sempre come fine e mai come mezzo (Kant).
• L’uomo deve sempre preservare la sua vita e quella degli altri.
• Il vero progresso scientifico deve difendere la vita e migliorarla. Non esiste vero progresso contro la dignità della persona umana.
• L’uomo è persona anche quando non può comunicare o non può mostrare la sua intelligenza (perché è in coma o è malato di mente o è ancora un embrione o perché è semplicemente un deficiente). Va comunque sempre rispettato. L’intelligenza è una condizione necessaria ma non sufficiente per essere persona (gli animali sono intelligenti, ma non sono persone). La vita è un diritto. Allora esiste sempre il dovere corrispondente di rispettarla e difenderla. 

Lo scientismo tecnologico è quella visione che dà una fiducia esagerata alla scienza, senza alcuna riflessione etica.  Confonde il progresso con
la scienza. Innanzi tutto il progresso non è solo un fatto legato alla
scienza e alla tecnica. Qualsiasi miglioramento della condizione
della vita umana, grazie all’arte, alla musica, alla politica, alla
sociologia, alla filosofia, agli sforzi per la pace e la giustizia
grazie alla religione, alla diplomazia, ecc. costituiscono
un progresso per l’umanità. In campo scientifico e tecnico
è progresso (da “pro”-“gradum” = “andare avanti”) solo ciò
che difende e migliora la vita dell’uomo e la rispetta nella sua dignità.
Non può essere considerato progresso ciò che danneggia la vita umana. Un cattivo utilizzo della scienza, contro la vita, non è un progresso, e diventa di fatto una violenza tecnologica (abuso delle forze per un fine sbagliato). Lo scientismo tecnologico si illude che ogni problema umano possa essere risolto in chiave
tecnologica (dalle cose e non dai valori), dimenticando che l’uomo ha
bisogno di significato profondi. nel suo agire (risposte di senso, che la scienza non può dare). In filosofia, lo scientismo è una concezione epistemologica secondo la quale la conoscenza scientifica deve essere il fondamento di tutta la conoscenza in qualunque dominio, anche in etica e in politica. Il termine scientismo è usato spesso in senso dispregiativo, per criticare un dogmatico eccesso di fiducia nel metodo scientifico o negli scienziati. Si vuole criticare così la mancanza di consapevolezza del fatto, supportato dallo studio delle grandi rivoluzioni scientifiche, che l’intero approccio epistemologico della scienza, i suoi metodi, i contenuti e lo stesso paradigma dominante in una data epoca storica sono soggetti a continue variazioni, e non possono essere fissati una volta per tutte. In sintesi, i termini del problema bioetico consistono nell’unire il “si può fare?” di tipo tecnico, (nel senso: “abbiamo le conoscenze scientifiche e tecniche per realizzare qualcosa?”) con il “si può fare?” di tipo etico, cioè:  “E’ giusto farlo?” Tra il potere e il dovere sta il ponte dell’etica. Ma quali valori danno le risposte? 

La visione “Radicale Nichilista” ha come metro di giudizio solo la libertà individuale. Tutto ciò che si può fare è anche giusto farlo. Aborto libero, eutanasia libera, fecondazione assistita libera e senza limiti etici, e così via. 

La visione “Sociologico Utilitarista” ha come metro di giudizio l’opinione dominante della massa e la propria utilità. Se un bambino concepito non è ritenuto un essere vivente, una persona, dalla maggioranza, allora non lo è. Se mi è utile abortire, allora lo faccio. 

La visione “Scientista” ha come metro di giudizio la scienza. Tutto ciò che la scienza scopre e che la tecnica applica è giusto e automaticamente è un progresso. Nessuna riflessione etica sui suoi utilizzi. 

La visione “Personalista” ha come metro di giudizio la vita e la dignità dell’uomo (valore della persona umana in quanto tale che non dipende da origini, pensieri , comportamenti, ecc. ma dalla legge naturale. Un essere umana ha la dignità umana per il solo fatto di essere una persona umana. Ogni vita umana vale sempre e comunque). E’ lecito solo e tutto ciò che difende, guarisce, protegge, sviluppa, promuove e rispetta la vita umana dal concepimento alla morte naturale. Questa visione è quella ufficiale cattolica, ma è trasversale a credi politici e religiosi. La vita non può esssre ridotta a ideologie e credi. 

E’ un valore universale. Infatti il giuramento che ogni medico in ogni università statale, compie nel giorno della laurea, si basa su questo principio:  “Consapevole dell’importanza e della solennità dell’atto che compio e dell’impegno che assumo,  GIURO:  di esercitare la medicina in libertà e indipendenza di giudizio e di comportamento; di perseguire come scopi esclusivi la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell’uomo e il sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto professionale; di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di un paziente; di attenermi nella mia attività ai principi etici della solidarietà umana, contro i quali, nel rispetto della vita e della persona non utilizzerò mai le mie conoscenze; di prestare la mia opera con diligenza, perizia e prudenza secondo scienza e coscienza ed osservando le norme deontologiche che regolano l’esercizio della medicina e quelle giuridiche che non risultino in contrasto con gli scopi della mia professione; di affidare la mia reputazione esclusivamente alle mie capacità professionali ed alle mie doti morali; di evitare, anche al di fuori dell’esercizio professionale, ogni atto e comportamento che possano ledere il prestigio e la dignità della professione; di rispettare i colleghi anche in caso di contrasto di opinioni; di curare tutti i miei pazienti con eguale scrupolo e impegno indipendentemente dai sentimenti che essi mi ispirano e prescindendo da ogni differenza di razza, religione, nazionalità, condizione sociale e ideologia politica; di prestare assistenza d’urgenza a qualsiasi infermo che ne abbisogni e di mettermi, in caso di pubblica calamità, a disposizione dell’Autorità competente; di rispettare e facilitare in ogni caso il diritto del malato alla libera scelta del suo medico tenuto conto che il rapporto tra medico e paziente è fondato sulla fiducia e in ogni caso sul reciproco rispetto; di osservare il segreto su tutto ciò che mi è confidato, che vedo o che ho veduto, inteso o intuito nell’esercizio della mia professione o in ragione del mio stato”.

Senza la difesa della vita. Di ogni vita, l’uomo ha solo la possibilità di distruggersi in sette modi “L’uomo si distrugge con la politica senza principi.  L’uomo si distrugge con la ricchezza senza lavoro. L’uomo si distrugge con l’intelligenza senza carattere. L’uomo si distrugge con gli affari senza morale. L’uomo si distrugge con la scienza senza umanità.
L’uomo si distrugge con la religiosità esteriore senza fede. L’uomo si distrugge con la carità senza il sacrificio di sé”. (Gandhi) Strano che chi usa la sua immagine per le sue lotte politiche, ritenga che la scienza non debba avere limiti morali e che un bambino possa essere ucciso con l’aborto. La tradizione della Chiesa ha sempre ritenuto che la vita umana deve essere protetta e favorita fin dal suo inizio, come nelle diverse tappe del suo sviluppo. Opponendosi ai costumi del mondo greco-romano, la Chiesa dei primi secoli ha insistito sulla distanza che, su questo punto, separa da essi i costumi cristiani. Nella Didachè è detto chiaramente: «Tu non ucciderai con l’aborto il frutto del grembo e non farai perire il bimbo già nato».  Atenagora sottolinea che i cristiani considerano come omicide le donne che usano medicine per abortire; egli condanna chi assassina i bimbi, anche quelli che vivono ancora nel grembo della loro madre, dove si ritiene che essi «sono già l’oggetto delle cure della Provvidenza divina». Tertulliano non ha forse tenuto sempre il medesimo linguaggio; tuttavia egli afferma chiaramente questo principio essenziale: «È un omicidio anticipato impedire di nascere; poco importa che si sopprima l’anima già nata o che la si faccia scomparire sul nascere. È già un uomo colui che lo sarà». Ma . il rispetto della vita umana non si impone solo ai cristiani: è sufficiente la ragione a esigerlo basandosi sull’analisi di ciò che è e deve essere una persona. Dotato di natura ragionevole, l’uomo è un soggetto personale, capace di riflettere su se stesso, di decidere dei propri atti, e quindi del proprio destino; egli è libero. È, di conseguenza, padrone di sé, o piuttosto, poiché egli si realizza nel tempo, ha i mezzi per diventarlo: questo è il suo compito. Creata immediatamente da Dio, la sua anima è spirituale, e quindi immortale. Egli è inoltre aperto a Dio e non troverà il suo compimento che in lui. Ma egli vive nella comunità dei suoi simili, si nutre della comunicazione interpersonale con essi, nell’indispensabile ambiente sociale. Di fronte alla società e agli altri uomini, ogni persona umana possiede se stessa, possiede la propria vita, i suoi diversi beni, per diritto; la qual cosa esige da tutti, nei suoi riguardi, una stretta giustizia.

EUTANASIA

1) La vita umana ha un valore assoluto. Vale dunque sempre e comunque. Voluta o non voluta. Sana o malata. Colpevole o innocente. In stato cosciente o in stato vegetativo. Concepita e non ancora nata o già nata…

2) Nessun medico può dare la morte. Ha giurato di aiutare la vita. Questo il giuramento moderno di Ippocrate, fatto il giorno della Laurea:

“Consapevole dell’ importanza e della solennità dell’ atto che compio e dell’ impegno che assumo, giuro: di esercitare la medicina in libertà e indipendenza di giudizio e di comportamento; di perseguire come scopi esclusivi la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell’ uomo e il sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto professionale; di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di un paziente; di attenermi alla mia attività ai principi etici della solidarietà umana, contro i quali, nel rispetto della vita e della persona, non utilizzerò mai le mie conoscenze; di prestare la mia opera con diligenza, perizia, e prudenza secondo scienza e coscienza ed osservando le norme deontologiche che regolano l’esercizio della medicina e quelle giuridiche che non risultino in contrasto con gli scopi della mia professione; di affidare la mia reputazione esclusivamente alla mia capacità professionale ed alle mie doti morali; di evitare, anche al di fuori dell’ esercizio professionale, ogni atto e comportamento che possano ledere il prestigio e la dignità della professione. Di rispettare i colleghi anche in caso di contrasto di opinioni; di curare tutti i miei pazienti con eguale scrupolo e impegno indipendentemente dai sentimenti che essi mi ispirano e prescindendo da ogni differenza di razza, religione, nazionalità condizione sociale e ideologia politica; di prestare assistenza d’ urgenza a qualsiasi infermo che ne abbisogni e di mettermi, in caso di pubblica calamità a disposizione dell’Autorità competente; di rispettare e facilitare in ogni caso il diritto del malato alla libera scelta del suo medico, tenuto conto che il rapporto tra medico e paziente è fondato sulla fiducia e in ogni caso sul reciproco rispetto; di osservare il segreto su tutto ciò che mi è confidato, che vedo o che ho veduto, inteso o intuito nell’ esercizio della mia professione o in ragione del mio stato; di astenermi dall’ “accanimento” diagnostico e terapeutico”.

3) Non esiste il diritto di morire, ma solo quello di vivere. Ad ogni diritto corrisponde un dovere.  Diritto alla vita – Dovere di rispettare ogni vita.  Gli unici che hano diritti senza avere doveri sono: Il bambino non ancora nato, ma già concepito.  Il bambino non ancora in grado di distinguere il bene e male. Il disabile mentale.

4) Il malato può voler morire, ma non va preso sul serio (come d’altra parte non si asseconda nessun aspirante suicida, che iene sempre bloccato se possibile). Va invece  confortato e aiutato.

5) Si può togliere il dolore senza togliere la vita. La terapia del dolore è utilizzata soprattutto durante le ultime fasi di una malattia terminale.

6) L’eutanasia si presta a gravi abusi sociali. (Chi può pagare resta in vita e il povero può essere eliminato facilmente, oppure si ouò chiederla per un parente incosciente per ereditare da lui).

7) Una società giusta non elimina i suoi deboli. Malati, disabili, anziani, bambini concepiti e non ancora nati. Era il nazismo che eliminava sistematicamente i disabili.

Il programma eugenetico nazista Aktion T4 fu anche chiamato «programma eutanasia», espressione che venne utilizzata allora da molti di coloro che erano coinvolti in quest’operazione, ma non può essere considerata a tutti gli effetti eutanasia: non prevedeva infatti il consenso dei pazienti, ma la soppressione contro la loro volontà. Il programma non era poi motivato da preoccupazione per il benessere dell’ammalato, come il desiderio di liberarlo dalla sofferenza, l’Aktion T4 veniva invece portato avanti principalmente a scopo eugenetico, per migliorare l’«igiene razziale» secondo l’ottica dell’ideologia nazista allora imperante. Mirava inoltre a diminuire le spese sanitarie ed assistenziali statali, considerando che le priorità economiche erano rivolte ad altre voci come il riarmo militare. Il programma fu definito dai contemporanei come una «eutanasia sociale». A fronte di una grande opposizione interna il programma fu ufficialmente abbandonato nell’estate del 1941.

8 ) Lo stato vegetativo in medicina è solo “persistente”. Non esiste quello “permanente”.

9) Solo la morte celebrale è quella che può essere certificata da un medico.  La morte cerebrale è un criterio per ottenere la diagnosi di morte. La morte ha inizio con la cessazione irreversibile di tre funzioni
Cardiocircolatoria: morte clinica. Respiratoria: morte reale. Nervosa: morte legale.Nella legge 644/75 del 2 dicembre 1975 si dice testualmente che « l’accertamento della morte deve essere effettuato,
mediante il rilievo continuo dell’elettrocardiogramma protratto per non meno di venti minuti primi »  Si parla quindi di cardiogramma, poiché viene da sé che un encefalo non ossigenato per venti minuti muore.

10) Non si può suicidarsi nè chiedere di essere uccisi. La società sostiene la vita, non la morte.

11) Il valore della vita non dipende dalla salute.

12) In Italia vi sono 3360 casi di stato vegetativo persistente.

13) Il mondo rifiuta l’eutanasia. Su 194 stati nel mondo, solo 14  la consentono, di cui 9 in Europa. Austria, Belgio, Danimarca, Germania, Lussemburgo, Olanda, Regno Unito, Svezia e Svizzera. In nessuno di questi è consentita l’eutanasia di un paziente che non sia cosciente e consenziente e che non abbia manifestato per scritto la sua volontà.

14) A Bologna esiste una struttura pubblica e gratuita per questi casi: la Casa dei Risvegli Luca de Nigris. www.casadeirisvegli.it

Solo il nazismo selezionava e discriminava la vita umana in base alla razza e alla salute. Il marxismo lo fa tuttora (23 dittature in corso) in base alle classi sociali. Totalitarismi appunto. Ma la vita umana vale sempre e comunque.

Tu da che parte stai? Vita o morte? 

Giorgio Nadali

www.giorgionadali.it

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